Il governo ha stabilito
nella manovra di liberalizzare il commercio, una misura che potrebbe azzerare
le norme per la tutela del centro storico approvate un mese fa
A
tutto gas sulle liberalizzazioni. L'accelerazione sul commercio imposta dalla
manovra del nuovo governo, secondo Palazzo Vecchio «mette la parola fine a
qualunque forma di regolamentazione da parte di Regioni e Enti locali».
E
il vicesindaco Dario Nardella si spinge oltre, parlando di «deregulation
totale», che potrebbe innescare un caos ai limiti dell'anarchia.
Un
boccone amaro per Firenze, dove, da appena un mese, è entrato in vigore il
nuovo regolamento sul commercio, documento studiato per arrestare l'invasione
di kebabbari e di attività di bassa qualità in genere. Un giro di vite varato
soprattutto per tutelare le tradizioni fiorentine che stanno inesorabilmente
scomparendo.
E
lo sforzo dell'amministrazione potrebbe adesso rivelarsi inutile, perché il
decreto «Salva Italia» rafforza ulteriormente la manovra agostana di Tremonti,
che la Regione Toscana aveva già impugnato davanti alla Corte Costituzionale.
Gli
scenari diventano adesso «davvero preoccupanti», riflette il vicesindaco di
Firenze. E l'esempio emblematico evocato da Nardella non può certo far
sorridere: «Se davvero dovessero prevalere i principi della concorrenza senza
limiti, pensate cosa potrebbe accadere se al posto di un gioielliere del Ponte
Vecchio dovesse arrivare una friggitoria o un commerciante di hot dog.
A
quel punto il Comune si ritroverebbe completamente esautorato e non avrebbe
alcun modo per impedire uno scempio del genere». Addio quindi agli ultimi
baluardi della fiorentinità, che rischierebbero davvero di essere fagocitati
dai negozi di chincaglieria cinesi e da fast food.
Addio
anche a tutte le limitazioni sui giorni di apertura: «Sono curioso di sapere
cosa diranno ora i sindacati, che tanto ci hanno attaccati per aver consentito
l'apertura, limitata ai negozi del centro, per il Primo maggio». E la risposta
del sindacato, che boccia sonoramente la mossa del governo, non tarda certo ad
arrivare: «Se la norma è questa, addirittura più stringente di quella firmata
Tremonti, non siamo d'accordo - ribatte Mauro Fuso, segretario della Cgil
fiorentina - inoltre non è certo utile a rilanciare le attività sul piano
economico».
Perché,
con l'abolizione totale dei vincoli sulle distanze tra esercizi di certe
categorie, per il leader della Cgil «ci ritroveremmo nella sciagurata ipotesi
di sfilze di negozi dello stesso tipo, uno dopo l'altro», tutto mentre «davanti
a una forte contrazione dei consumi sarebbe decisamente più auspicabile una
puntigliosa di programmazione».
Niente
più limitazioni sugli orari, con i commercianti autorizzati ad aprire 365
giorni l'anno, 24 ore su 24. Compresi Natale, Santo Stefano, Capodanno e Primo
maggio.
Una
rivoluzione epocale, destinata a cambiare anche il volto ed i tempi di vita
nelle città d'arte, quelle a cui, fino ad oggi, la legge riconosceva più
poteri. La scintilla di questo radicale cambiamento partì con la legge Bersani
che, nel '98, cancellò il potere dei Comuni di fissare le distanze tra un
esercizio e l'altro.
Da
allora è stato un continuo accelerare. Tremonti aveva previsto che, in via
sperimentale, dal prossimo 2 gennaio, Comuni e Regioni avrebbero dovuto
adeguare le normative in modo da eliminare ogni limite in materia di orari.
Poi,
a togliere «la temporaneità», eliminando ogni vincolo, ci ha pensato il nuovo
premier. «Ergo, ognuno può fare che vuole e i Comuni non avranno più poteri -
attacca il vicesindaco Nardella - una maggiore liberalizzazione, specie se
studiata per andare incontro alle mutate esigenze dei cittadini, è la
benvenuta, ma questa è una deregulation totale. Il valore del nostro nuovo
piano commercio è davvero a rischio: noi però non molliamo e faremo valere le
nostre ragioni in ogni sede».
Dal Corriere Fiorentino.it
Claudio Bozza
07
dicembre 2011
Nessun commento:
Posta un commento