venerdì 7 dicembre 2012

POST ESAUSTIVO E BEN DOCUMENTATO SULL’EVOLUZIONE DELLE APERTURE DOMENICALI



  • Fino al decreto Monti erano le Regioni a decidere sulla regolamentazione delle aperture domenicali, in virtù della competenza legislativa residuale in materia di commercio derivante dal nuovo Titolo V della Costituzione (l. cost. 3/2001), una competenza più volte riconosciuta dalla Corte Costituzionale (tra le altre, sentenza 288/2010 e 150/2011). Nell'esercitare questa competenza quasi tutte le Regioni erano andate ben al di là di quello che prevedeva la regolamentazione nazionale (d. lgs. 114/98) ovvero 8 domeniche durante l'anno + le 4 di dicembre. Per esempio la Lombardia prevedeva circa 23 domeniche l'anno, il Piemonte idem, il Friuli Venezia Giulia 29, l'Abruzzo 28, le Marche 26, Sicilia e Sardegna intorno a 20 più le zone turistiche liberalizzate... Alcune regioni non avevano dettato una disciplina specifica, e quindi le aperture domenicali erano quelle fissate dalla disciplina nazionale (p.e. Veneto e Campania). Altre come l'Emilia Romagna distinguevano tra comuni turistici (con aperture totalmente liberalizzate) e non. Insomma un quadro composito ma non per questo preclusivo delle aperture domenicali: ogni Regione, in base alle sue caratteristiche e alle sue esigenze, fissava una disciplina specifica, dopo aver sentito enti locali, associazioni di categoria e sindacati del settore. Mai registrati problemi e proteste. Anche Federdistribuzione, l'associazione di categoria della grande distribuzione, accettava la competenza regionale in materia di orari e aperture domenicali dei negozi pur chiedendo (richiesta legittima dal suo punto di vista) più aperture domenicali e una maggior uniformità tra le regioni (pag. 34 del report).
    Ma c'è di più. La legge lombarda, particolarmente innovativa, prevedeva la liberalizzazione totale delle aperture domenicali per i negozi sotto i 250 mq (art. 103, comma 11): era una norma studiata appositamente per 'riequilibrare' la concorrenza fra grande, media e piccola distribuzione. Alla base di questo riequilibrio ci sono ragioni urbanistiche, prima che commerciali: l'Italia è fatta di città medie, di centri storici e di vie di negozi,che tutti intendono preservare. Quindi, in questo specifico campo, il paragone con gli Stati Uniti è viziato da una diversità di fondo nell'organizzazione urbana e nell'offerta commerciale.
  • Torniamo alla liberalizzazione del Governo. Già nella manovra di agosto 2011 qualcuno prova a inserire una norma nazionale totalmente liberalizzatrice su orari e aperture dei negozi: ma a settembre, in fase di conversione del decreto legge (a quel tempo esisteva ancora un minimo di dialettica parlamentare, poi svanita), in commissione la liberalizzazione totale viene limitata a 'località turistiche e città d'arte' e prevista 'in via sperimentale'. Questa norma viene furbescamente formulata come un comma aggiunto al d. lgs 223/2006: si tratta del decreto Bersani (le cosidette "lenzuolate") che liberalizzava, tra le altre cose, alcuni aspetti della distribuzione commerciale (distanze minime, limiti all'offerta merceologica, registri abilitanti ecc). Questo decreto era già passato - ecco il barbatrucco - al vaglio della Corte Costituzionale che ne aveva dichiarato la legittimità costituzionale, fondandola sul titolo statale della "tutela della concorrenza", pur ribadendo in altre sentenze (come la già citata 150/2011 ) che la materia degli orari dei negozi attiene alla disciplina del commercio, di competenza regionale.
  • A novembre 2011 cade Berlusconi e arriva il governo tecnico. A questo punto ci riprovano e, nel decreto legge 201/2011, espungono chirurgicamente le parole "località turistiche e città d'arte" precedentemente inserite e il gioco è fatto: la liberalizzazione è totale, su tutto il territorio nazionale. Il decreto viene convertito a tambur battente in legge, e nel marasma di quei giorni non c'è la benchè minima discussione e non si cambia neanche una virgola.
    Alcune regioni però reagiscono: Veneto e Toscana a fine dicembre emanano nuove disposizioni sul commercio, che dettano specifiche norme sulle aperture domenicali. Il Veneto passa da 8 a 16 aperture consentite (+ le 4 di dicembre), la Toscana demanda la disciplina specifica ai comuni, senza porre limiti. Le altre regioni reagiscono in ordine sparso.
    I centri commerciali e i supermercati intanto a gennaio cominciano ad aprire tutte le domeniche. Alcuni comuni veneti e toscani (ma ci prova anche Milano) emettono ordinanze limitatrici fondandole sulle discipline regionali. Le grandi catene, appoggiate da Federdistribuzione, ricorrono ai Tar che, in tutti i casi, di fronte al rischio di danno economico in capo agli operatori economici ricorrenti, concedono le sospensive ai provvedimenti comunali che limitavano le aperture. A questo punto otto regioni (Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli, Toscana, Sardegna, Sicilia, Lazio) ricorrono alla Corte Costituzionale per invadenza delle loro competenze in materia di commercio: l'udienza pubblica si è tenuta il 7 novembre scorso, si attende entro l'anno la sentenza. Se può interessare, oltre ai singoli ricorsi sul sito della Corte (Lombardia, Piemonte, Toscana, Veneto, tra gli altri) c'è questo parere del prof. Valerio Onida, ex giudice della Consulta.
  • Fin qui il problema giuridico. Veniamo al discorso economico. Una commessa di un ipermercato che qualche anno fa ha scelto di fare questo lavoro sapeva che le aperture domenicali sarebbero state una o due al mese, perchè così prevedevano le normative regionali e così era la prassi. Poi da un giorno all'altro, senza preavviso, senza la benchè minima discussione tra enti locali e governo, si vede appioppare quattro domeniche al mese più tutte le feste comandate (Pasqua, Pasquetta, 25 aprile, 1 maggio, 2 giugno, 1 novembre ecc). Contemporaneamente vengono via via disdettati molti contratti integrativi aziendali che prevedono la maggiorazione del 30% per il lavoro domenicale: perchè pagare di più la domenica quando è diventato un giorno come un altro?
    Altra categoria, altri problemi: i titolari dei negozi che si trovano nei centri commerciali. Anche loro hanno scelto questa attività perchè prevedevano una o due aperture festive al mese. I contratti con i centri commerciali, particolarmente onerosi, prevedono delle forti penalità in caso di chiusura in una giornata in cui il centro commerciale è aperto. E anche a loro si cambiano le carte in tavola senza il minimo preavviso: sempre aperti, prendere o lasciare. Conosco il titolare di una lavasecco a gestione familiare che da metà novembre 2011 è sempre rimasto aperto tranne il giorno di Pasqua. Quindi non sono solo i dipendenti a essere coinvolti, ma anche questi piccoli imprenditori indipendenti che dipendono dal centro commerciale.
  • Lo Stato invoca la competenza in materia di tutela della concorrenza per giustificare il suo intervento. E inserendo la liberalizzazione nel decreto Bersani del 2006 si rifà alle disposizione comunitarie in materia di libera circolazione delle merci e di prestazione dei servizi. Peccato però che, a partire dagli anni Novanta, la Corte di Giustizia delle Comunità Europee abbia più volte ribadito, proprio in materia di aperture domenicali, che ogni Stato (e ogni Regione) può dettare la normative che vuole, in base alle sue tradizioni e alle sue priorità: se obbligo un negozio a chiudere la domenica, la norma si applica ai prodotti nazionali e a quelli esteri, e quindi non c'è discriminazione.
    Ma si può parlare di "tutela" della concorrenza quando abbiamo due situazioni distinte? Da un lato la grande e la media distribuzione (centri commerciali, supermercati, grandi superfici specializzate nell'elettronica o nella moda) collocati al di fuori dei centri urbani, e dall'altro la piccola distribuzione, cioè le migliaia di negozi collocati nei centri abitati e nelle vie commerciali. Sono situazioni troppo diverse per essere disciplinate allo stesso modo. Una piccola superfice non ha il turn over di personale sufficiente per garantire l'apertura tutte le domeniche dell'anno.
    Obiezione: e chi se ne frega, chi non ce la fa chiude e si va avanti. Distruzione creatrice. Vero, peccato che non so a quanti possa piacere avere paesi svuotati dei principali servizi e centri storici pieni solo di kebabbari. Anche a livello turistico, gli stranieri non vengono in Italia per andare nei centri commerciali che trovano anche da loro. Mi rendo conto che è un discorso scivoloso, perchè non è possibile programmare rigidamente a livello politico lo sviluppo commerciale: ma resta il fatto che la vera concorrenza nel retail è la coesistenza tra grandi superfici (fuori dai centri abitati) e piccole superfici specializzate nei centri abitati. Poi una volta garantita questa coesistenza sarà il mercato ad orientare le scelte degli operatori e dei consumatori. Se distruggo questo equilibrio non ottengo più concorrenza, ma meno.
    In questo contesto, è giusto lasciare alle singole Regioni la possibilità di disciplinare in modo differenziato la materia degli orari dei negozi? E' logico che una grande catena, presente su tutto il territorio nazionale, dirà di no, perchè più uniformità c'è e meglio è per lei. Ma per la piccola distribuzione la competenza regionale è una difesa.
  • Ultima considerazione e poi ho veramente finito. La prassi europea. Tranne la Svezia, gli unici Paesi Ue ad avere completamente liberalizzato gli orari e le aperture dei negozi sono i Paesi dell'ex blocco comunista. In Spagna decidono le comunità autonome (Madrid ha tentato proprio recentemente il colpo di mano con la liberalizzazione ma la Catalogna si è già opposta: vi ricorda qualcosa?), in Francia sono esenti dall'obbligo di chiusura le zone turistiche e le grandi aree urbane, in Uk non c'è obbligo di chiusura ma l'apertura domenicale per le grandi superfici è consentita per un numero massimo di 6 ore (per riequilibrare la concorrenza con i piccoli, lasciati liberi). Poi c'è la Germania, con la normativa più rigida in materia: l'obbligo di chiusura alla domenica è stato addirittura sancito dalla Corte Costituzionale, e comunque la competenza spetta ai singoli Lander. Su wikipedia c'è un'utile pagina comparativa fra tutte le legislazioni mondiali in tema di aperture domenicali. 
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  • Complimenti per questo commento a  Alberto Tedeschi
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  • http://www.fermareildeclino.it/articolo/lapertura-domenicale-degli-esercizi-commerciali 

lunedì 13 agosto 2012

Gb: aperture domenicali negozi, nuovo scontro coalizione

(ANSA) - LONDRA, 12 agosto 2012

Nuovo scontro nella coalizione in Gran Bretagna, stavolta sulle aperture domenicali dei grandi negozi. I conservatori vorrebbero rendere permanenti le liberalizzazioni concesse per sei settimane quest'estate solo per le Olimpiadi. 

Ma se i Tory sono a favore, i Lib Dem sono contro. E con i junior partner della coalizione, in particolare il ministro delle Attivita' Produttive Vince Cable, sono contrari anche i piccoli commercianti e la Chiesa d'Inghilterra

 

lunedì 6 agosto 2012

L’ASCOM ACCOGLIE “LA SFIDA”E PLAUDE L’ARTEFICE DEL CARTELLO “LA DOMENICA FATE L’AMORE, NON LA SPESA”


IL CARTELLO E' STATO APPESO NELLA VETRINA DI UN NEGOZIO DEL CENTRO COMMERCIALE “IL PARCO” DI CAMPOSAMPIERO: SUBITO UN INCONTRO PER AIUTARE LE ATTIVITA’
"La domenica fate l’amore, non la spesa”.
Questa la provocazione lanciata dalla titolare di un negozio del centro commerciale “Il Parco” di Camposampiero, un invito diretto al consumatore o un lamento per far conoscere i mancati incassi delle domeniche e i costi ai quali si va incontro?
L’Ascom raccoglie la sfida e plaude l’artefice (o gli artefici) di tale iniziativa , che ha avuto il coraggio di “uscire alla scoperto” raccontando la dura realtà dei piccoli negozi di carattere familiare che rischia di peggiorare e mettere in ginocchio numerose attività.
“La nostra Associazione – ha dichiarato Fernando Zilio Presidente Ascom Confcommercio Padova – ha inserito nell’ordine del giorno della riunione della giunta e del consiglio Ascom (in programma lunedì 30 luglio) di “premiare” la temeraria imprenditrice che si è esposta a nome dei tanti colleghi; inoltre invito i negozi del centro commerciale “Il Parco” a rivolgersi alla nostra Associazione per cercare una via d’uscita".
“La missione dell’Ascom – ha continuato Zilio è tutelare le aziende, grandi e piccole che siano e far in modo che non muoiano ma che crescano perché sono il volano dell’economia e creano posti di lavoro.
A tal proposito l’ufficio studi di Ascom Padova Confcommercio ha effettuato, nei mesi scorsi, un’indagine sull’introduzione delle liberalizzazioni in tre centri commerciali della Provincia di Padova e ha riscontrato che il 60% dei piccoli operatori commerciali intervistati ha espresso parere negativo sul fatto di tenere aperti i negozi tutte le domeniche , in primis perché ciò toglie spazio di vita familiare e in secondo luogo perchè la dilatazione del tempo da dedicare agli acquisti non risolve assolutamente la disponibilità di danaro a disposizione del consumatore, sempre più compressa a causa soprattutto dell’enorme peso delle spese obbligate legate alla casa, alle utenze, agli affitti. L’invito è aperto, quindi, a coloro che desiderano in qualche modo sfruttare le competenze dell’Associazione in tema di mercato del lavoro e di marketing strategico per cercare di comprendere come organizzarsi al meglio per affrontare queste nuove dinamiche che riguardano lo sviluppo della propria attività e anche la recente riforma del mercato del lavoro.
Camposampiero, 26 luglio 2012


domenica 24 giugno 2012

Seriate offre 10mila euro per rilanciare le attività commerciali

In tempo di crisi e della dilagante costruzione di supermercati c'è chi la pensa diversamente. Com
l'amministrazione comunale di Seriate, che ha promosso un'interessante iniziativa volta a valorizzare il commercio locale e a ravvivare il centro storic. Si tratta di un bando per la selezione di soggetti a cui concedere contributi a sostegno sia della costituzione di nuove attività commerciali e artigianali, sia della prosecuzione delle attività già esistenti.
Il Comune per il 2012 ha deciso di stanziare 10 mila euro da erogare per l'apertura o il mantenimento di attività commerciali di vendita al dettaglio, artigianali, alimentari, attività di servizio e di pubblico interesse in aree ben precise del paese, tra cui Piazza Bolognini, Via Colombo, Via Decò e Canetta, Via IV Novembre, Via Parietti e Via Tasca. 
Possono presentare la richiesta, entro le 12.30 del 31 Agosto 2012, i titolari di attività già esistenti da almeno dieci anni, e chi intende avviare una nuova attività commerciale o artigianale.
Metà del fondo offerto dall'amministrazione verrà erogato come contributi alle attività operanti già da 10 anni le quali, per i successivi 3 anni, godranno di uno sgravio fiscale pari al 50 % della sommatoria finale di IMU, Tassa sui rifiuti solidi urbani e Tassa occupazione del suolo pubblico, già
pagati. La restante metà del fondo verrà erogato a chi aprirà una nuova attività. 
Per ogni domanda accettata verranno stanziati 2 mila euro. La speranza è che un intervento anti-crisi come questo, possa servire a tutelare la ricchezza commerciale dei piccoli borghi come quello seriatese e magari sia uno stimolo anche per altri comuni della nostra provincia.

domenica 20 maggio 2012

ALCUNI SPUNTI PER VENDERE


Ho trovato questo articolo nel quale sono espressi alcuni punti per rendere un’esperienza di acquisto in negozio estremamente positiva.

Innanzitutto puntiamo sul rapporto interpersonale, facendo sentire il nostro visitatore benaccetto, accogliendolo con un bel sorriso e lasciandolo libero di guardarsi intorno.
Facciamo capire che siamo a disposizione, ma non insistiamo e non facciamo sentire il cliente sotto controllo.
Un’ottima esposizione interna aiuterà il nostro cliente ad associare autonomamente acquisti complementari (un esempio semplicissimo è quello di esporre un paio di scarpe con accanto borsa e cintura in tinta).
Poniamoci come obiettivo primario la soddisfazione del cliente e non la vendita in sé, considerando che alla vendita mancata di oggi possono seguire acquisti futuri e ottimi (e sempre efficaci) passaparola.
Di primaria importanza per la stimolazione visiva è l’illuminazione, che deve essere il più possibile simile alla luce del giorno, la quale è piacevole per il cliente e soprattutto non altera il colore della nostra merce.
Conquistato il cliente dal punto di vista umano e visivo passiamo all’aspetto olfattivo e cerchiamo di mantenere profumazioni piacevoli e se possibile inerenti la nostra attività .
Se abbiamo un negozio di costumi da bagno il profumo piacevole degli abbronzanti ricorderà al nostro cliente la spiaggia, il mare, il sole caldo e quindi un’esperienza positiva che nella maggior parte dei casi si conclude con l’acquisto del costume da bagno, inteso come oggetto necessario alla realizzazione del desiderio.
Oggi sono di moda addirittura i biglietti da visita profumati, al caffè per i bar, all’arbre magique per le concessionarie,…
Dal punto di vista auditivo gioca un ruolo fondamentale la scelta della musica di sottofondo, quindi via alla disco e all’hip hop per i negozi di teen-agers e ad una soft musica da camera per una gioielleria.
Il tatto viene stimolato attraverso il contatto diretto con i beni (se materiali) ed è di vitale importanza, in quanto tenere in mano un oggetto da la sensazione di possesso e una volta che si “ha” qualcosa è difficile poi rinunciarvi…
Se ci occupiamo di merci alimentari ottimi gli assaggi per la stimolazione del gusto (approfittiamo dell’assaggio per far conoscere nuovi prodotti!), negli altri casi possiamo offrire una caramella o un cioccolatino.
Consideriamo che la popolazione è oggi molto attenta all’ambiente e alla salute, quindi se attinente ai nostri prodotti (esempio abiti senza fibre sintetiche) facciamolo presente.
Ora, immaginiamo, dopo una giornata di traffico, otto ore di lavoro, una litigata con il compagno e venti telefonate pubblicitarie, finalmente stiamo passeggiando per il centro e vediamo questa vetrina che ci attrae e decidiamo di entrare: luce piacevole, commessa gentile, profumi pieni di ricordi, musica che rispecchia il nostro stile, ordine, sapori, veniamo considerati importanti, siamo coccolati e proviamo sensazioni piacevoli… esperienza decisamente positiva e quindi da ripetere e più il cliente entra in negozio più prodotti vede e più possibilità abbiamo di concludere vendite.

domenica 6 maggio 2012

TOH, UN NUOVO SUPERMERCATO AL CONFINE CON BERGAMO!


Quanto avevamo bisogno di un nuovo supermercato nella nostra provincia!
Se poi pensiamo che questo nuovo supermercato si trova a Colognola (si affaccio sulla strada che da Curnasco porta verso il sottopasso di Colognola) a pochissimi chilometri di distanza dal centro commerciale di Orio al Serio, da quello di Curno, da quello di Stezzano e forse qualche altro ancora che mi sfugge... beh, si capisce quanto grande fosse l'attesa del pubblico!
Quando ho visto crescere la costruzione di questo nuovo supermercato ho sperato per un pò di tempo che fosse altro: una concessionaria d'auto o moto, un'esposizione di qualche genere, un negozio... e invece no, la fascia di confine con Bergamo si arricchisce dell'ulteriore supermercato.
A questo punto mi chiedo se esista un piano per la gestione delle aperture di questi supermercati.
Come è possibile aiutare i piccoli negozi di quartiere se poi ogni 4-5 km sorge un nuovo supermercato ogni manciata di anni?
Ma i nostri amministratori non hanno nessun potere di limitazione o comunque di gestire in maniera razionale il sorgere di centri commerciali ed affini?
Pensando a quel che sta accedendo da ormai troppi anni, mi rispondo da solo: no, non esiste nessuna supervisione ma ogni comune fa quel che vuole, col rischio di ritrovarsi con un centro commerciale o un ipermercato/supermercato in quasi ogni comune.
Se è quello che davvero vogliamo... beh, avanti il prossimo!