sabato 18 ottobre 2014

Aperture domenicali, gli alimentaristi cesenati: "Penalizzati i negozi di vicinato"



Fida cesenate rimarca "che nei grandi Stati europei, Francia, Germania, Regno Unito, come anche, tra gli altri, Austria, Belgio, Grecia, Norvegia, non prevedono estesamente la chiusura domenicale degli esercizi commerciali"
L'apertura degli esercizi commerciali nelle giornate festive domenicali continua ad essere un tema al centro del dibattito.
"In Italia e anche nel nostro territorio a distanza di due anni dall’entrata in vigore della deregolamentazione gli effetti annunciati sulla crescita non si vedono - sottolinea Giancarlo Andrini, presidente della Federazione italiana alimentaristi (Fida) Confcommercio cesenate -. Sono invece stati gravemente penalizzati gli esercizi commerciali di vicinato oltre alla qualità della vita dei lavoratori del commercio, siano essi autonomi o dipendenti.
Qualcuno ha tentato di far notare che in Europa si fa così".

Fida cesenate rimarca "che nei grandi Stati europei, Francia, Germania, Regno Unito, come anche, tra gli altri, Austria, Belgio, Grecia, Norvegia, non prevedono estesamente la chiusura domenicale degli esercizi commerciali.
Vi sono qua e là deroghe per forni, tabacchi, edicole, fioristi, distributori di benzina, oppure per attività in luoghi particolari come aeroporti e scali marittimi.
In certi casi si prevede la possibilità per le sole piccole superfici di aprire la saracinesca la domenica, a propria discrezione.
Insomma: si cerca di stabilire un equilibrio tra l’impatto dirompente che la deregolamentazione sulle aperture domenicali può avere sulla vita dei lavoratori e dei negozi indipendenti, la sfida sulla concorrenza lanciata dalle grandi superfici, l’utilità per i consumatori".

"Dall’altra parte - aggiunge Andrini - troviamo gran parte degli Stati dell’est e del sud Europa come Bulgaria, Polonia, Romania, Ungheria, Portogallo, Spagna, Turchia, un gruppetto di nordici quali Svezia, Danimarca, Finlandia, Olanda, e l’Italia, unico dei grandi.
In questi casi si va dalla deregolamentazione pura e semplice del nostro Paese, e di alcuni altri, a normative che comunque consentono l’apertura domenicale, a volte facendo salve alcune festività nazionali o religiose.
Ce n’è abbastanza per riflettere".

Chiosa Andrini: "Solo in Italia, tra i grandi Stati europei, sono passate le aperture festive e domenicali completamente deregolamentate.
Non mancano invece, per esempio nel Regno Unito, normative che al contrario autorizzano solo la piccola distribuzione all’apertura domenicale, ma non i grandi, avendo ben chiare le dinamiche dei flussi festivi, che inevitabilmente rischiano di impoverire il tessuto commerciale e la pluralità distributiva".
"Fida - conclude - non molla la presa e continuerà a dialogare con tutte le istituzioni per trovare soluzioni capaci di tamponare questo assetto distorto per i lavoratori e per il commercio tradizionale e di vicinato, ricchezza del territorio e bastione per la coesione sociale, che non ha portato reali e proporzionati benefici ai consumatori".

venerdì 3 ottobre 2014

Confesercenti: per 67% italiani sempre meno 'negozi di vicinato'



Il 67% degli italiani rileva che il proprio quartiere ha visto diminuire nettamente i negozi di vicinato negli ultimi due anni. E’ uno dei dati che emergono dal sondaggio Swg-Confesercenti, che l'organizzazione ha illustrato nel corso della conferenza stampa tenuta alla Camera dei deputati "per ribadire la forte insoddisfazione nei confronti dell’approvazione del provvedimento sugli orari dei negozi che ora passa all’esame del Senato".
Molti degli intervistati hanno segnalato che i negozi di cui erano clienti abituali non ci sono più e il 59% del campione dà ragione a chi ritiene che la normativa della "liberalizzazione selvaggia" vada rivista.
Le ragioni di Confesercenti, che chiede al Senato una modifica del provvedimento, sono state illustrate da Massimo Vivoli, vicepresidente dell'associazione: "Fra crisi di consumi, mancanza di credito e liberalizzazione, l’esito è stato devastante in questa lunga crisi con oltre 124 mila negozi chiusi e l’accelerazione della desertificazione dei centri urbani.

Le vie commerciali delle nostre città, in alcuni casi icone turistiche di valore, presentano sempre più file di saracinesche abbassate. Inoltre, gli effetti della liberalizzazione senza regole e la crisi hanno prodotto più di 100 mila posti di lavoro perduti solo fra il 2012 e il 2013".
Vivoli ha ribadito che "vogliamo evitare il collasso delle oltre 470 mila imprese del commercio con due dipendenti o meno: continueremo a insistere perché la legge sugli orari, ora al Senato, venga modificata in direzione di un maggiore equilibrio e sosterremo le regioni che hanno richiesto un referendum per la revisione della deregulation".
Vivoli ha poi annunciato anche una lettera aperta della Confesercenti al presidente del Consiglio segnalando che "anche in questo caso stanno prevalendo le logiche dei poteri forti".

E Mauro Bussoni, segretario generale di Confesercenti, "ha sostenuto che è falso affermare che ce lo chiede l’Europa e che la liberalizzazione si è rivelata inefficace sui consumi e sull’occupazione". "La stessa concorrenza - ha detto - ha subito distorsioni gravi a scapito delle piccole superfici: ormai il 74% del commercio alimentare è in mano alla grande distribuzione come il 59% del no-food.
La riduzione delle vendite ha reso più drammatica la situazione dei piccoli esercizi che hanno perso il 7,8% ma la liberalizzazione non ha provocato benefici di sorta anche per la gdo che ha accusato una flessione del 2,2%".

Bussoni ha poi sottolineato un altro dato drammatico: "I negozi sfitti hanno superato la quota di 600 mila, centomila in più rispetto al 2012".
Bussoni ha infine rilanciato una proposta di mediazione partendo dal testo originale del provvedimento di legge che prevedeva 12 chiusure obbligatorie durante l’anno. "Una base di partenza congrua - ha detto Bussoni - che andrebbe declinata con flessibilità introducendo la possibilità da parte dei sindaci di modificarle a seconda delle esigenze del territorio".
Nel corso dell’incontro, hanno parlato i rappresentanti di associazioni dei consumatori che sostengono l’iniziativa. Rosario Trefiletti, di Federconsumatori, ha richiamato la necessità di una interlocuzione fra politica e corpi intermedi essenziale per definire modalità della vita economica e sociale che riguardano il territorio.
E’ anche giunto un messaggio del Presidente della Pastorale del lavoro, Mons. Giancarlo Bregantini, che ha ricordato le parole del Papa quando ha sostenuto che "la domenica va resa libera dal lavoro, eccettuati i servizi necessari, per affermare che la priorità non è a livello economico, ma all’umano, al gratuito, alle relazioni non commerciali ma familiari".
Bregantini si augura che si possa "incidere sui parlamentari con proposte ferme pur se progressive".