domenica 24 novembre 2013

APERTURE DOMENICALI, L’ITER NON SI FERMA: LE PROPOSTE DI REVISIONE SONO TORNATE ALL’ESAME DELLA COMMISSIONE



 23 novembre 2013
Continua l’esame legislativo della liberalizzazione degli orari e dei giorni di apertura delle attività commerciali. Le proposte di revisione, tra cui la legge di iniziativa popolare di ‘LiberaLaDomenica’ sostenuta da Confesercenti e dalle firme di 150mila cittadini in tutta Italia, sono state  discusse in Parlamento, e adesso si apprestano a tornare all’esame della Commissione Attività Produttive.
Confesercenti segue da vicino l’iter delle revisioni”, spiega l’associazione nazionale in una nota. “Ci siamo sempre battuti per una disciplina degli orari equilibrata, tale da consentire ai consumatori di soddisfare le proprie esigenze di acquisto di beni e agli operatori commerciali di poter contare su tempi di riposo adeguati per sé e per i propri dipendenti e collaboratori familiari. Con il decreto legge 201 del 2011, detto Salva-Italia, è stato improvvisamente imposto a tutto il settore del commercio un regime di totale deregulation degli orari delle attività commerciali, rendendo possibile dal primo gennaio 2012 l’apertura 24 ore al giorno tutti i giorni dell’anno, domeniche e festività incluse.  
Un regime che non ha eguali in Europa, e che è insostenibile per le quasi 800.000 imprese del commercio al dettaglio, che in 20 mesi hanno registrato un saldo negativo di circa 40mila unità per circa 110mila posti di lavoro perduti. 
Un colpo ulteriore a un settore già messo a dura prova dalla lunga crisi del nostro Paese, come testimoniano i 550mila negozi ‘sfitti per assenza di impresa’ rilevati da Confesercenti in tutta Italia nel 2013”.

martedì 20 agosto 2013

MERCADONA: LA DOMENICA A CASA



Giugno 2013.
Il gruppo multiregionale multicanale Unicomm (Marcello e Mario Cestaro, il primo gruppo della Selex) ha deciso di non aprire più la domenica i suoi negozi in modo indiscriminato.
Ecco il ragionamento di Marcello e Mario Cestaro, ripreso da alcuni quotidiani veneti:

“Non è pensabile continuare a considerare la domenica come un’altra semplice giornata di lavoro. 
La nostra vita è fatta di momenti diversi, ognuno dei quali ha pari dignità e importanza e per questo siamo convinti che i nostri collaboratori debbano poter trascorrere più tempo con le loro famiglie, i loro figli e, soprattutto, nelle comunità nelle quali vivono che in questo momento hanno bisogno del contributo di tutti. 
Solo così possiamo chiedere a loro il massimo per i nostri clienti”.
È la stessa filosofia applicata da anni da Juan Roigh, il presidente di Mercadona (Spagna): “La domenica è meglio dedicarla alla famiglia e ai propri interessi”.

Autore: Luigi Rubinelli

lunedì 13 maggio 2013

Aperture domenicali. 'Solo cose buone per Crema'

13-05-2013
Aperture domenicali. 'Solo cose buone per Crema' appoggia la battaglia di Rifondazione Comunista anche se la responsabilità delle liberalizzazioni è del centrosinistra

 Crema - Negozi aperti la domenica e nelle feste si o no? 
La protesta lanciata dal consigliere comunale di Rifondazione Comunista Mario Lottaroli trova un alleato in Tino Arpini di Solo cose buone per Crema che però sottolinea che se i negozi sono aperti la domenica la colpa è proprio del centrosinistra.

Liberalizzazioni malaugurate
Scrive Arpini: “Mi associo alle vibranti contestazioni del collega consigliere comunale di Rifondazione Comunista, Lottaroli, per l’inopportuna apertura degli esercizi commerciali nelle festività del 25 Aprile e del 1° Maggio. 
Tuttavia devo sottolineare che l’origine dell’errore che ha portato la malaugurata cosiddetta “liberalizzazione” del governo Monti alla apertura indiscriminata degli esercizi commerciali è stata la pressante richiesta dei grossi centri commerciali, divenuti nuovi santuari festivi”.

Il Pd e le coop
“Il Pd - aggiunge Arpini - ha interessi commerciali ben radicati in questo settore, con determinante peso politico sulla scelta effettuata. 
Centri commerciali la cui gestione poi è in netta contraddizione rispetto ai principi enunciati, dal lavoro precario al mancato rispetto del sovraprezzo festivo sulla paga oraria, barattato con un semplice recupero feriale; ma la crisi dei posti di lavoro impone l’accettazione di condizioni inique. In nome del budget di fatturato vengono sacrificati tutti i valori primari a cui avrebbe diritto il dipendente, da quelli sociali, morali-religiosi, civili e, pare, anche economici”.

Aumentano solo i costi di gestione
“Ma, com’è ovvio, e dimostrato dopo un anno, l’ampliamento dell’orario non porta automaticamente un aumento del fabbisogno e dunque dei consumi, bensì l’aumento di costi di gestione con pesanti ricadute sul prezzo dei prodotti che pagano i consumatori. 
E questa frenesia di richiamare clientela a largo raggio - aggiunge il consigliere di minoranza - mette in circolazione un traffico automobilistico, foriero a sua volta di altri costi individuali e sociali per andare inutilmente a cercare a 50 km le stesse cose che abbiamo sotto casa, presentate semplicemente in suggestioni e luoghi diversi salvo, magari, pubblicizzarci ironicamente la cultura dei prodotti a km zero e inculcarci il concetto di auto- identificazione di noi clienti con l’ipermercato stesso”.

La difficoltà dei più piccoli
“L’esercente in proprio, senza dipendenti, non può certo reggere i ritmi di apertura della grande distribuzione e si trova costretto a subire una sorta di concorrenza sleale in tutti i giorni festivi dell’anno quando, restando chiuso, vede i suoi prodotti uscire in quantità dalle porte dei centri commerciali. 
Ma in sede di dichiarazione redditi, se non è conforme agli studi di settore elaborati da burocrati ben pagati e non troppo sudati, si vede costretto a pesanti integrazioni fiscali. Gioco forza per gran parte degli esercenti cercare di arrotondare gli incassi, rinunciando al riposo e resistendo alla concorrenza sleale”.

Ci si deve adeguare
“Quindi, da questa analisi, sminuirei il proclamato principio del primato del profitto, fatto da Lottaroli, per considerare la necessità vitale del piccolo esercente, che oltretutto restando aperto nelle festività non prevarica diritti ad alcuno se non a se stesso, di sopravvivere ad un mercato le cui quote sono sempre più incetta esclusiva dalla grande distribuzione. 
La soluzione auspicabile - conclude Arpini - è di tornare a godere le feste, tutte, anche quelle non meno nobili di quelle civili, secondo le proprie personali sensibilità, lasciando abbassate le saracinesche a cominciare dai grossi centri commerciali, e gli altri di conseguenza.

Referendum
Ma riuscirà questa politica a superare i propri interessi, proprio ora che si profila l’abolizione del finanziamento ai partiti, e a concederci una vera “liberalizzazione” dalla schiavitù commerciale? 
 La mancata pubblicizzazione della recente raccolta firme in questa direzione è un brutto segnale; spero che abbiano raggiunto quel minimo necessario per proporre un referendum e che i cittadini si destino dal torpore che la battente pubblicità televisiva e cartacea procura a tutti noi dentro le nostre stesse mura domestiche. 

di Emanuele Mandelli 

venerdì 12 aprile 2013

SOS COMMERCIO LOMBARDO IN AGONIA

Milano, 9 aprile 2013. 
Un “modello” lombardo immediatamente operativo per rispondere all’emergenza che il terziario sta affrontando.
Oltre un migliaio di negozi chiusi nei primi 2 mesi del 2013 , mostrano il lato peggiore della crisi economica in Italia e nella nostra Regione .
A pochi giorni dalla presentazione del programma di legislatura da parte del governatore di Regione Lombardia Roberto Maroni – con l’attenzione a pmi e commercio di vicinato – incontro oggi del neoassessore regionale al Commercio, Turismo e Terziario Alberto Cavalli (nella sede della Confcommercio milanese) con il presidente Carlo Sangalli e i vertici della Confcommercio lombarda. Sangalli e l’assessore Cavalli hanno avviato il confronto sulle misure per rispondere alla crisi.
Sostenere i negozi di vicinato
Un “modello” lombardo per affrontare la crisi. Consolidare la rete distributiva esistente, rilancio dei distretti del commercio e incremento delle reti fra imprese .
“Per il settore del commercio – afferma Sangalli – è indispensabile uno sforzo straordinario che permetta di invertire il trend delle chiusure di esercizi di vicinato”. 
“Nel 2012 – ha ricordato il presidente di Confcommercio Lombardia – il saldo negativo è stato di oltre 5mila imprese commerciali. Bisogna, dunque, intervenire subito con il monitoraggio della rete distributiva e poi con azioni che limitino il consumo di suolo con il proliferare di nuove strutture commerciali”.
“Attenzione, quindi, – ha proseguito Sangalli – al consolidamento delle rete distributiva esistente. Occorrerà un rilancio dei distretti del commercio (da poco è stato pubblicato il quinto bando) – strumento operativo per meglio rafforzare la rete del commercio di vicinato – e si dovranno incrementare le reti fra imprese. Serviranno anche nuove politiche di utilizzo dei fondi comunitari”.
Questa la ricetta per una possibile ripresa. Ed occorre un pieno recupero delle competenze regionali in materia di commercio. 
Inoltre la ns Redazione vuole ricordare che da quando sono state liberalizzate le aperture domenicali dei Supermercati , si sono avuti effetti devastanti nel comparto commerciale , con aumenti di spese , gestione e orari di lavoro ,mentre non c’è stato nessun incremento del fatturato mensile . Una mossa della Grande Distribuzione per penalizzare i piccoli negozi , che però sta avendo ripercussioni negative sulle famiglie e la Società , costrette a sacrificare il giorno di riposo per sprecarlo nei Centri Commerciali . Anche l’allora Cardinale Martini , anni fà era stato molto contrario all’apertura domenicale dei negozi , e adesso abbiamo la triste conferma che aveva ragione .
La Redazione

lunedì 25 marzo 2013

ORARI DI APERTURA DEI NEGOZI: “ADESSO MARONI FACCIA QUANTO HA PROMESSO”



Confesercenti, dopo la raccolta firme per dare vita a una legge di iniziativa popolare contro le aperture domenicali degli esercizi, chiede che la competenza sugli orari di apertura venga ridata alle Regioni
Dopo il successo della raccolta firme contro l'apertura domenicale dei negozi, promossa a livello nazionale dalla Cei (Conferenza episcopale italiana) e dalla Confesercenti, i vertici di via Mercantini si rivolgono direttamente alla politica.
«Ci auguriamo che Roberto Maroni – dice Gianni Lucchina, direttore di Confesercenti Varese – applichi integralmente quanto affermato nel suo programma  (pagina 32 ndr) per il commercio, compresa la restituzione alle Regioni della competenza sugli orari di apertura dei negozi».
In realtà la Regione Lombardia qualcosa aveva già fatto per evitare lo spopolamento dei centri urbani con lo stanziamento di 12 milioni di euro per i distretti del commercio, progetto che avrebbe però dovuto avere un assist anche dalle politiche sui singoli territori per poter risultare vincente in un momento di crisi come quella che si sta attraversando.
Fuori dalle parrocchie e negli uffici comunali in provincia di Varese sono state raccolte oltre 1000 firme (l'obiettivo era di 600), entro il 16 maggio andranno presentate in Parlamento per attivare l'iter della legge di iniziativa popolare contro la liberalizzazione degli orari (decreto voluto da Pierluigi Bersani). «Questa liberalizzazione – aggiunge Cesare Lorenzini, presindente di Confesercenti Varese – non ha prodotto risultati utili fin dalla sua introduzione e a maggior ragione non li rpoduce adesso che siamo in piena recessione economica. Se ho cento euro in tasca o li spendo al lunedì o alla domenica».
«Il vero paradosso – aggiunge Lucchina – è che nemmeno alla grande distribuzione conviene questo modello perché i costi di gestione per tenere aperto la domenica sono altissimi».
I dati sulle mortalità degli esercizi sono drammatici: 170 chiusure al giorno a livello nazionale, dato che secondo Lucchina è destinato ad aggravarsi nei prossimi anni – sono infatti previste 80 mila chiusure - se non verranno presi provvedimenti immediati da parte del governo.
La concertazione tra le parti sociali in questa provincia, nonostante tutto, funziona ancora bene. A sostenere l'appello di Confesercenti ci sono infatti i rappresentanti di categoria della Fisascat Cisl, della Filcams Cgil e della UilTucs. «La liberalizzazione indiscriminata degli orari– spiega Pino Pizzo della Cgil – non solo non ha risolto il problema del modello distruibutivo, ma oltre ad aver messo in ginocchio le piccole imprese, desertificando i centri urbani, ha introdotto una cultura deteriore che porta le famiglie a trascorrere il loro tempo libero nei grandi centri commerciali».
Le cose non migliorano sul fronte dell'occupazione: se le previsioni delle associazioni di categoria verrranno confermate e non si inverterà la tendenza, nei prossimi anni in Italia nel settore del commercio si bruceranno 240 mila posti di lavoro. «L'occupazione persa con la chiusura dei piccoli negozi – sottolinea Fabrizio Ferrari della Cisl – non è stata recuperata con i grandi centri commerciali. La liberalizzazione è stata la scelta disperata di chi non sapeva come uscire dalla crisi e non certamente una richiesta che proveniva dai cittadini».
Secondo Alessandro Sanhueza della Uil il rischio è grave se si pensa alle conseguenze culturali di questo sistema. «C'è stata una profonda immaturità da parte di chi gestisce la grande distribuzione perché le aperture domenicali hanno provocato un impoverimento sociale e civile delle città. Chi ha avuto questa idea pensava agli Usa che hanno una tradizione diversa da quella italiana ed europea».
I grandi gruppi da parte loro si sono già organizzati per saturare tutti gli spazi lasciati liberi nelle città dopo la chiusura di molti negozi. Ad esempio, a Varese al posto del Blockbuster ha aperto un city storeEssere e benessere” che ha tra i soci di minoranza il Gruppo Unes. «A Varese negli ultimi – conferma Lucchina – c'è questa tendenza. È la cartina di tornasole di quanto noi andiamo dicendo da tempo: è il centro della città il cuore pulsante del commercio».

LIBERA LA DOMENICA, PARROCCHIE IN CAMPO.



24 marzo 2013
Continua la campagna “Libera la domenica” promossa da Confesercenti con il sostegno della Cei, di Cgil, Cisl e Uil e dell'Aspan di Bergamo, per promuovere una proposta di legge popolare che restituisca alle Regioni il poterne normativo sulla delicata questione della regolamentazione di orari e aperture degli esercizi commerciali.
La liberalizzazione “selvaggia” introdotta all'inizio del 2013 ha infatti favorito solo la grande distribuzione, caricando di ulteriori difficoltà la rete dei negozi di vicinato, già duramente provata dalla crisi.
La Conferenza Episcopale Italiana ha appoggiato l'iniziativa per ribadire il valore del riposo festivo, tempo libero che non deve essere dedicato al consumo ma alla cura di se stessi e degli affetti.
Il Centro Diocesano Pastorale Sociale ha fornito un elenco Ecco delle parrocchie impegnate nella raccolta delle firme: Sant'Alessandro in Colonna, Nembro, Villa d'Almè, Bonate Sotto, Gandino, Romano di Lombardia (S. Maria Assunta), Martinengo, Alzano Maggiore, Calusco, Osio Sotto, Grumello del Monte, San Pellegrino, Sovere, Verdello, Cologno al Serio, Trescore Balneario, Almenno S. Salvatore, Albano S. Alessandro, Urgnano, Seriate.
In particolare Domenica 17 in mattinata sui Sagrati delle Chiese di Alzano Lombardo, Seriate, San Pellegrino, Romano di Lombardia, Nembro, Calusco D’Adda, Locate, Verdello saranno allestiti dei banchetti per la raccolta delle firme.
In diversi paesi mobilitati i volontari delle Acli a testimonianza di uno sforzo comune e condiviso.
Inoltre, in molti comuni si sono organizzati spontaneamente gruppi di commercianti che contribuiscono attivamente alla raccolta delle firme. Si ricorda che sarà possibile sottoscrivere la campagna in tutti i municipi fino al 30 marzo.
"Sono le ultime settimane della raccolta firme e l'impegno per la riuscita dell'iniziativa è notevole in tutta la provincia di Bergamo – spiega Filippo Caselli, vicedirettore di Confesercenti Bergamo – Abbiamo trovato l'adesione di molti imprenditori, sollevato la mobilitazione di diverse associazioni locali di commercianti, incrociato una fattiva collaborazione di numerose parrocchie. E' la conferma che il problema dell'apertura domenicale rimane un tema molto sensibile per le piccole imprese del commercio, che non possono reggere i costi determinati dall'estensione degli orari”.
“Nell'interesse della categoria – sottolinea Caselli - è importante ripristinare le regole del gioco per consentire a tutti i format distributivi di rimanere sul mercato. Ma crediamo anche che la scelta della chiusura festiva debba tornare a essere un valore positivo da comunicare al cliente, visto prima di tutto come persona. Il messaggio vuole essere questo: non apro la domenica perché rispetto il riposo di dipendenti e consumatori. Senza contare che la riduzione dei costi festivi si rifletterà su una diminuzione dei prezzi”.
Il sito della campagna: http://www.liberaladomenica.it