lunedì 25 marzo 2013

ORARI DI APERTURA DEI NEGOZI: “ADESSO MARONI FACCIA QUANTO HA PROMESSO”



Confesercenti, dopo la raccolta firme per dare vita a una legge di iniziativa popolare contro le aperture domenicali degli esercizi, chiede che la competenza sugli orari di apertura venga ridata alle Regioni
Dopo il successo della raccolta firme contro l'apertura domenicale dei negozi, promossa a livello nazionale dalla Cei (Conferenza episcopale italiana) e dalla Confesercenti, i vertici di via Mercantini si rivolgono direttamente alla politica.
«Ci auguriamo che Roberto Maroni – dice Gianni Lucchina, direttore di Confesercenti Varese – applichi integralmente quanto affermato nel suo programma  (pagina 32 ndr) per il commercio, compresa la restituzione alle Regioni della competenza sugli orari di apertura dei negozi».
In realtà la Regione Lombardia qualcosa aveva già fatto per evitare lo spopolamento dei centri urbani con lo stanziamento di 12 milioni di euro per i distretti del commercio, progetto che avrebbe però dovuto avere un assist anche dalle politiche sui singoli territori per poter risultare vincente in un momento di crisi come quella che si sta attraversando.
Fuori dalle parrocchie e negli uffici comunali in provincia di Varese sono state raccolte oltre 1000 firme (l'obiettivo era di 600), entro il 16 maggio andranno presentate in Parlamento per attivare l'iter della legge di iniziativa popolare contro la liberalizzazione degli orari (decreto voluto da Pierluigi Bersani). «Questa liberalizzazione – aggiunge Cesare Lorenzini, presindente di Confesercenti Varese – non ha prodotto risultati utili fin dalla sua introduzione e a maggior ragione non li rpoduce adesso che siamo in piena recessione economica. Se ho cento euro in tasca o li spendo al lunedì o alla domenica».
«Il vero paradosso – aggiunge Lucchina – è che nemmeno alla grande distribuzione conviene questo modello perché i costi di gestione per tenere aperto la domenica sono altissimi».
I dati sulle mortalità degli esercizi sono drammatici: 170 chiusure al giorno a livello nazionale, dato che secondo Lucchina è destinato ad aggravarsi nei prossimi anni – sono infatti previste 80 mila chiusure - se non verranno presi provvedimenti immediati da parte del governo.
La concertazione tra le parti sociali in questa provincia, nonostante tutto, funziona ancora bene. A sostenere l'appello di Confesercenti ci sono infatti i rappresentanti di categoria della Fisascat Cisl, della Filcams Cgil e della UilTucs. «La liberalizzazione indiscriminata degli orari– spiega Pino Pizzo della Cgil – non solo non ha risolto il problema del modello distruibutivo, ma oltre ad aver messo in ginocchio le piccole imprese, desertificando i centri urbani, ha introdotto una cultura deteriore che porta le famiglie a trascorrere il loro tempo libero nei grandi centri commerciali».
Le cose non migliorano sul fronte dell'occupazione: se le previsioni delle associazioni di categoria verrranno confermate e non si inverterà la tendenza, nei prossimi anni in Italia nel settore del commercio si bruceranno 240 mila posti di lavoro. «L'occupazione persa con la chiusura dei piccoli negozi – sottolinea Fabrizio Ferrari della Cisl – non è stata recuperata con i grandi centri commerciali. La liberalizzazione è stata la scelta disperata di chi non sapeva come uscire dalla crisi e non certamente una richiesta che proveniva dai cittadini».
Secondo Alessandro Sanhueza della Uil il rischio è grave se si pensa alle conseguenze culturali di questo sistema. «C'è stata una profonda immaturità da parte di chi gestisce la grande distribuzione perché le aperture domenicali hanno provocato un impoverimento sociale e civile delle città. Chi ha avuto questa idea pensava agli Usa che hanno una tradizione diversa da quella italiana ed europea».
I grandi gruppi da parte loro si sono già organizzati per saturare tutti gli spazi lasciati liberi nelle città dopo la chiusura di molti negozi. Ad esempio, a Varese al posto del Blockbuster ha aperto un city storeEssere e benessere” che ha tra i soci di minoranza il Gruppo Unes. «A Varese negli ultimi – conferma Lucchina – c'è questa tendenza. È la cartina di tornasole di quanto noi andiamo dicendo da tempo: è il centro della città il cuore pulsante del commercio».

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