sabato 26 febbraio 2011

LA DOMENICA GIORNO DI RIPOSO? O NO

La domenica è il principale giorno di riposo in tutti i Paesi e in tutti i settori che non siano considerati “essenziali” e le festività “parlano della nostra storia”, ne trasmettono la memoria alle future generazioni, difendono l’identità culturale, civile e religiosa di un Paese.
Infatti, nelle domeniche e nelle feste si consumano soprattutto i beni relazionali tra le persone, prima ancora che vendere quelli materiali.
La Legge Regionale della Lombardia autorizza già l’apertura festiva, alla Grande Distribuzione, per ventidue domeniche l’anno e quindi sulle loro scandalose richieste di completa liberalizzazione di aperture festive in onore di un paventato progresso e modernità, si dovrebbe fare una più ampia discussione inerente ai modelli di sviluppo sociale cui puntare.
La grande distribuzione non deve abusare della propria posizione dominante e della comodità indiscussa del centro commerciale sempre aperto, che non rappresenta una necessità così importante mentre bisogna anche pensare, per esempio, allo scadimento della qualità della vita dei lavoratori del commercio.
Vorrei che chi ha il potere di farlo, aprisse un confronto fra tutti i settori su cosa debba essere un “servizio essenziale”, invertendo la gerarchia dei valori, che al momento penalizza la dimensione sociale e relazionale della vita.
Io sono contro il fatto di far diventare (con il proliferare di aperture nei giorni festivi) la domenica come un giorno qualsiasi, perché credo che ci siano dei capisaldi della nostra cultura che vanno tutelati: è si necessario fare spazio al nuovo ma bisogna trovare un modo perché questo non avvenga a scapito d’importanti valori sociali e per chi crede anche religiosi.
Sono anche buone tradizioni che fanno parte della nostra identità e che credo debbano essere salvaguardate dall'invasione di una mentalità consumistica che è sicuramente amplificata dal falso “servizio essenziale” di poter acquistare anche tutte le domeniche.

sabato 12 febbraio 2011

I CENTRI COMMERCIALI E LE AMMINISTRAZIONI COMUNALI

È un’articolo pubblicato sul sito di un giornale di una città in provincia di Brindisi col titolo: “L’Auchan mortifica i nostri commercianti”

Sembra scritto “copiando” le situazioni e i problemi del commercio di vicinato della Bassa Bergamasca.

Il gruppo consiliare del partito xxxyyy, nell’ultima riunione di Consiglio comunale del 30 novembre, ha presentato una “domanda di attualità” in riferimento al problema delle attività commerciali che attraversano una grave crisi.
Da tempo si discute delle aperture domenicali della grande distribuzione. I commercianti di xxxyyy, in questi giorni, incontrando l’Amministrazione comunale, hanno chiesto che sia ridimensionato il numero delle aperture domenicali che rischia di mettere in ginocchio la piccola distribuzione locale ed hanno chiesto interventi a sostegno del settore.
La consigliera  xxxyyy  nella “domanda di attualità” ha chiesto notizie sui rapporti con la grande distribuzione e sulle deroghe concesse al centro commerciale Auchan per le aperture domenicali, in deroga alle aperture previste dalla normativa regionale.
Dopo l’intervento della rappresentante del partito xxxyyy e la risposta dell’assessore  xxxyyy, il maggiore partito di opposizione ritiene che spetta all’Amministrazione comunale dare delle risposte per una maggiore tutela del commercio locale e per non mortificare le attività che resistono all’avvento della grande distribuzione.
“Dalla risposta data dall’assessore    xxxyyy    abbiamo appreso che non vi sono interventi immediati in tale settore e che i problemi sono di difficile soluzione.
Noi ci aspettiamo, però, interventi immediati e decisi”.
Il   partito xxxyyy   ha denunciato i ritardi in settore particolarmente delicato ed importante per la vita economica della città, ed ha prospettato le “sue” soluzioni.
Incalzeremo l’Amministrazione comunale fino a che non vedremo fatti concreti a supporto dei piccoli commercianti e dell’economia locale, cercando di reagire alla forza della grande distribuzione, che come ormai noto, investono i loro ricavi lontani dal territorio comunale”. 
Il  partito xxxyyy  accusa la giunta   xxxyyy    di non aver deciso nessun atto concreto in ordine a tali questioni, di avere un atteggiamento passivo e di non essere capace di reagire alla forza della grande distribuzione.
“Nei giorni festivi quando è aperto il centro commerciale, non avendo previsto alcune iniziativa o manifestazione per attirare potenziali clienti verso la città e verso i nostri commercianti, si assiste alla desertificazione del centro cittadino.
E’ importante – ha aggiunto    xxxyyy   – la salvaguardia dei posti di lavoro del Centro commerciale, ma è altrettanto importante la salvaguardia di tanti piccoli commercianti che costituiscono il tessuto principale della nostra economia.
……………………… Tutte queste motivazioni, nell’ottica di favorire lo sviluppo del commercio cittadino, speriamo trovino un punto di ascolto tra chi ha il dovere di impegnarsi verso il proprio territorio e i propri cittadini”, ha concluso.

mercoledì 9 febbraio 2011

APERTURE DOMENICALI - CAMBIATI I RITMI

Pubblico un articolo di Francesca Ieracitano, docente di Analisi dei consumi e ricercatore in sociologia dei processi culturali e comunicativa

L’esigenza di aprire i negozi la domenica sottende dei cambiamenti all’interno delle nostre società?
Il Domani Andriese lo ha chiesto a Francesca Ieracitano, docente di Analisi dei consumi e ricercatore in sociologia dei processi culturali e comunicativi Università Lumsa di Roma.
Le aperture domenicali sono diventate una prassi nel periodo natalizio ma nel resto dell’anno qualche volta creano polemiche.
Sono una possibilità in più di shopping per i consumatori e di vendite per i commercianti? O sono una specie di costrizione?
 “La questione, a mio parere, richiede l’adozione di una prospettiva di lettura un po’ più ampia che tenga conto di come sono cambiati i ritmi di vita nella società contemporanea. Oggi potrebbe essere quasi paradossale considerare l’ampliamento dell’orario di apertura degli esercizi commerciali nei giorni festivi come “una possibilità in più per i consumatori”. Il paradosso sta nel fatto che questa possibilità in più, in realtà rappresenta l’unica alternativa possibile per una larga fetta di consumatori i cui orari di lavoro si sovrappongono totalmente agli orari di apertura e chiusura della maggioranza degli esercizi commerciali.
Ne consegue che per molte persone il giorno libero dalle attività lavorative diviene l’unico giorno possibile in cui poter effettuare acquisti.
Pertanto non parlerei di costrizione, quanto piuttosto di “un miraggio temporale”: abbiamo la percezione di avere più tempo a disposizione per svolgere le nostre attività quotidiane, siano esse lavorative, di consumo, di ozio non tenendo conto che in realtà esse finiscono col sovrapporsi le une alle altre azzerando così queste chance temporali. 
In questo modo ci ritroviamo fortemente condizionati da“ritmi nascosti” che regolano il nostro vivere sociale e ne influenzano l’organizzazione anche a livello individuale”.
Possono rappresentare anche una sorta di marketing territoriale, attirando nella propria città consumatori da comuni limitrofi?
“Senza dubbio oggi l’istituzione o l’apertura nei giorni festivi dei luoghi del consumo come outlet, centri commerciali e grandi catene di negozi sembra essere diventata la forme di intervento più immediata per risolvere il problema della riqualificazione di aree territoriali, magari più problematiche o periferiche.
Tuttavia, questo denota uno spostamento delle aree di competenza nella gestione dello spazio urbano dalla sfera pubblica e politica a quella del mercato.
Fino a qualche tempo fa la riqualificazione di un territorio avveniva tramite l’istituzione di centri ed iniziative culturali o strutture di aggregazione giovanile.
Oggi sembra che l’apertura domenicale di aree commerciali sia la soluzione più rapida e indolore, capace di mettere d’accordo gli interessi di imprese, cittadini e amministrazioni locali per restituire vitalità ad aree territoriali che altrimenti richiederebbero forme di intervento molto più complesse per incrementare l’attrattività del territorio”.
La aperture domenicali posso cambiare le nostre abitudini al consumo oppure sono la risultanza di qualche altra trasformazione all’interno della nostra società?
L’apertura domenicale dei negozi è senz’altro una tendenza rappresentativa della trasformazione culturale che ha investito il significato sociale del consumo.
E’ la dimostrazione di come il consumo ormai si sia svincolato da ogni logica di utilitarismo per diventare un’attività ludica, una forma di svago contemporaneo che si va ad aggiungere, o in molti casi a sostituire, alle attività più canoniche con le quali eravamo abituati a riempire il nostro tempo libero domenicale come le passeggiate nei parchi, le gite, le visite ai musei.
Le aperture domenicale più che modificare le nostre abitudini di consumo non fanno altro che rafforzare nel consumatore la percezione che “l’andare per negozi” sia una vera e propria forma di svago, di conseguenza viene definitivamente meno l’automatismo per il quale l’ingresso nei negozi debba concludersi nella maggior parte dei casi un atto d’acquisto.
Qualcuno ha definito i centri commerciali le nuove piazze in città: non solo luoghi di acquisto ma, soprattutto di incontro. È realmente così? Le aperture nei giorni festivi hanno agevolato questo processo?
“La piazza rappresenta il luogo antropologico per eccellenza. Il luogo infatti è per sua natura storico, identitario e relazionale, come sostiene Marc Augè, nella sua celebre opera sui non luoghi.
Personalmente dubito che questi tre requisiti coesistano all’interno dei centri commerciali che al contrario si qualificano sempre più come ‘non luoghi’ per almeno tre ragioni: la prima è che queste strutture sono prive di quella dimensione identitaria che consente agli individui di riconoscersi in esse.
Le persone che li frequentano difficilmente possono ritrovare in essi riferimenti o simboli che mettano in risalto l’esperienza relazionale che accomuna i membri di una comunità o rappresentino un riferimento alla cultura locale.
Inoltre, malgrado gli sforzi fatti da architetti e designer per renderli sempre più originali e accoglienti, i centri commerciali sono attraversati da un’atmosfera impersonale data dal fatto che al loro interno è possibile ritrovare un’organizzazione spaziale e una presenza di servizi standard che li rendono omologabili.
Un turista Italiano in Spagna non avrebbe alcuna difficoltà ad orientarsi all’interno di un negozio della catena Zara, poiché la gestione degli spazi e la disposizione della merce è pressoché identica in qualsiasi parte del mondo”.
E poi?
In secondo luogo, i centri commerciali non rivestono alcun valore storico all’interno del contesto urbano in cui sorgono, in altri termini non rievocano una memoria storica attraverso la quale gli abitanti di un quartiere possano rafforzare le proprie tradizioni, la storia e la cultura locale, al contrario, il loro successo si basa sulla ricerca dell’innovazione e sulla capacità di guardare al futuro.
Infine, l’esperienza relazionale che di norma anima e connota le piazze o i punti di raduno dei centri abitati viene meno nei centri commerciali, perché ad assumere centralità li non sono le persone e i rapporti umani svincolati dall’atto del consumo, ma è la merce e la sua vetrinizzazione.
Così i centri commerciali, proprio come le stazioni o gli aereoporti diventano dei luoghi di transito all’interno dei quali la gente vi si reca con l’intento di fare altro: partire, tornare, acquistare o guardare le vetrine, ma non certo condividere un vissuto personale o esperienze collettive”.

Pubblicato il 29 gennaio 2010 - “Fonte: Il Domani Andriese” : http://www.domaniandriese.it/

venerdì 4 febbraio 2011

NEGOZI APERTI DI DOMENICA, ARRIVA IL NO DELLA LEGA CONSUMATORI

 Dal sito della Lega Consumatori un'articolo sulle aperture festive che ricalca il mio pensiero

Il presidente Vito Conforti: "La disposizione non va incontro agli interessi dei cittadini che si ritrovano con le tasche vuote già alla terza settimana e nuoce alle famiglie dei dipendenti"

La Lega Consumatori di Caserta è turbata per le aperture domenicali degli operatori della distribuzione, che le istituzioni sembrano disposti ad accogliere.
Queste non vanno incontro agli interessi dei consumatori, ha commentato il Presidente di Lega Consumatori Caserta Vito Conforti, certamente non a quelli che la terza settimana si trovano con le tasche vuote, semplicemente è loro offerta la possibilità di contemplare vetrine illuminate anche di domenica.
La nostra Associazione, facendo eco anche all’appello del Vescovo di Caserta Mons. Pietro Farina contrario all’apertura domenicale degli esercizi, è preoccupata anche per l’ampliamento degli orari dei negozi.
La flessibilità degli orari può essere una misura positiva se mirata ad alcune categorie, come ad esempio le farmacie, ma estenderla acriticamente pone seri problemi di sicurezza e sopratutto il dilagare delle aperture domenicali e festive porta alla disgregazione della famiglia aggravando le condizioni famigliari dei negozianti e dei dipendenti che sono costretti a sacrificare spesso anche le feste comandate.
La domenica, conclude Conforti, anche in termini culturali deve restare un momento di raccoglimento e di accesso ai valori relazionali e spirituali, e non un’ulteriore momento di consumismo acritico e addomesticante.
Ecco perché chiediamo alle associazioni rappresentative dei commercianti l'apertura al dialogo per un obiettivo comune che è la difesa della famiglia.

giovedì 3 febbraio 2011

IL CENTRO COMMERCIALE E I BISOGNI INDOTTI

Purtroppo, nella Bassa Bergamasca, i livelli della grande distribuzione sono cresciuti in maniera abnorme, (l’ambito territoriale della Bassa ha un indice distorto nel rapporto tra numero di abitanti e grandi superfici di vendita) e sono stati realizzati centri commerciali non tanto per un’effettiva domanda di mercato del bacino d’utenza, ma per soddisfare altri interessi.
Mi auguro che anche da noi, il dibattito sulla “necessità” di aumentare i giorni di apertura domenicale dei centri commerciali, evolva verso una più ampia discussione di tutta la società civile sui modelli di sviluppo sociale cui puntare e non si accetti senza discutere le azioni della G.D.O.
L'eccessiva e sregolata (o perlomeno poco regolata) forzatura di aperture festive dei centri commerciali non è certo solo un problema della bassa Bergamasca, perché riguarda altre aree dell’Italia.
È chiaro che, per dimensioni e impatto sociale (oltre che territoriale) la questione dei giganti della distribuzione si pone come uno dei punti nel dibattito riguardo al percorso che la società compie verso il futuro.
Il punto è che, diversamente dalla maggior parte dei protagonisti del sistema economico, la grande distribuzione va ben al di là dei "sacri" meccanismi di domanda e offerta: l'apertura di un centro commerciale la domenica è un'offerta economica che non va a ovviare a un bisogno effettivamente percepito dalla popolazione (ad eccezione dei pur numerosi "feticisti dello shopping"), ma tende più che altro a... creare questo bisogno.
Non sembra cioè che sia radicato nella gente in genere un reale bisogno di acquisti la domenica, eppure, sistematicamente avviene il pienone quando un centro commerciale è aperto di domenica.
Questo fenomeno, che avviene dappertutto, trova le sue motivazioni in meccanismi della mente umana che non possono certo essere qui né analizzati, né meno ancora disvelati.
Resta il fatto che, in parole povere, se c'è l'ipermercato la "gente" tende ad andarci in massa, ma se esso non c'è la "gente" vive benissimo lo stesso.
E, anche in termini di consenso, appare difficile che limiti all’apertura domenicale, e anche vincoli alla diffusione e realizzazione dei centri commerciali, possano essere male accolti dalla maggior parte della popolazione, al di là della nicchia dei "consumatori compulsivi" sopra evidenziata.
Insomma il tema della gestione delle aperture festive, alla luce delle pressioni della Grande Distribuzione Organizzata è entrato anche nella vita sociale della gente.
E qui non è tanto in discussione la "libertà" e la capacità delle persone di vivere la propria vita (e i propri momenti di relax) nel modo che si sono scelte, perché - anche se pure qui sarebbero tante le cose da dire - è indubitabile che chi preferisce passare le festività sotto le luci artificiali di un centro commerciale invece che all'aria aperta o tra le mura di un museo deve continuare a vedersi garantito questo "diritto", che in Lombardia è già ampiamente soddisfatto con 22 domeniche all’anno di aperture legali.
E comunque, ben più importante è il dovere (che compete alla politica) di pianificare e gestire il territorio in maniera armonica e sostenibile anche con la salvaguardia del piccolo commercio, senza farsi (più) abbagliare dalle luci della grande distribuzione e della sua principale ratio sociale ed economica, e cioè la creazione di nuovi bisogni.
Ricordo che le aperture festive concorrono lentamente a ridurre gli spazi di mercato del commercio di vicinato e ne accelerano il declino, minando la possibilità di mantenere una presenza significativa, per molti aspetti considerata imprescindibile anche dal punto di vista sociale nel territorio.
Ritengo sia altrettanto utile rammentare come, la diffusione capillare dei negozi di vicinato, costituisca un servizio indispensabile e apprezzato dai consumatori e rappresenti un presidio fondamentale per un efficace contrasto al degrado urbano.