RIFLESSIONI, PROPOSTE, SPUNTI E ARTICOLI VARI RIGUARDANTI IL COMMERCIO DI VICINATO e non solo
domenica 29 gennaio 2012
sabato 28 gennaio 2012
LIBERALIZZAZIONI. CENTRI COMMERCIALI SEMPRE APERTI, E LA CRISI AUMENTA
Sono numerose e rilevanti le criticità contenute nel contestatissimo “decreto liberalizzazioni” proposto dal Governo Monti.
Se le varie categorie professionali interessate (avvocati, giornalisti, tassisti solo per citarne alcune) hanno trovato ampio spazio sui media, poco si è parlato della liberalizzazione degli orari di apertura degli esercizi commerciali.
Eppure, le conseguenze che questa misura rischia di avere non solo sul tessuto economico locale, ma addirittura su un intero modello di consumo, sono davvero gravi.
Già la manovra di Berlusconi del luglio 2011aveva previsto l’apertura domenicale degli esercizi, ma circoscritta alle sole città di interesse turistico, mentre la manovra del governo Monti è andata oltre allargando a tutte le città l’apertura H24.
Siccome la disciplina di questa materia dovrebbe spettare alle istituzioni regionali, alcune si sono già mosse o si stanno muovendo con ricorsi alla Corte costituzionale, anche se la maggioranza dei cittadini intervistati è d’accordo con l’apertura continua.
È in atto uno scontro tra i pro e i contro ma per qualcuno non è ancora chiaro quali potrebbero essere le conseguenze della deregulation.
In realtà la spiegazione è molto semplice e si collega a una situazione che ormai da anni caratterizza lo stile di consumo degli italiani e degli occidentali in generale, sempre più attratti dai grandi centri commerciali, che drenano la ricchezza del territorio esportandola altrove e modificano anche le abitudini, gli stili e la cultura degli abitanti del territorio, introducendo nuovi modelli senza radici né identità.
Questi centri che oltretutto cambiano la conformazione stessa delle aree urbane stanno sostituendo gradualmente i tradizionali luoghi di socialità e aggregazione delle città e offrono alternative posticce, “non luoghi e piazze virtuali” che hanno il solo scopo di costituire un luogo di decompressione fra un negozio e l’altro e si inseriscono in un percorso di consumo studiato a tavolino.
È quindi questo l’effetto della manovra di Monti: fare un regalo alla GDO e darci la possibilità di passare la domenica dentro i centri commerciali a fare shopping e sfamarci in qualche fast-food, penalizzando così i piccoli negozi che non possono sostenere aperture così prolungate e anche con un riflesso di ridistribuzione del reddito che si concentrerà in mano a pochi.
Il secondo effetto riguarda le relazioni. I negozi di vicinato, infatti, riescono a costruire un tessuto di relazioni, anche informali, tra persone che genera sicurezza e appartenenza. La loro prevedibile chiusura è quindi un impoverimento della città e della comunità.
Se poi si vuole seguire l'onda "liberista", mi sembra che oggi siano rimasti pochi dubbi su "a chi fanno bene" le liberalizzazioni, certo non al consumatore impoverito, anche se magari nei centri commerciali può trovare beni di consumo a prezzo più basso.
Il "costo vero" si paga quindi nel lungo termine con l’aumento di povertà del territorio e più ancora di povertà relazionale.
Se le varie categorie professionali interessate (avvocati, giornalisti, tassisti solo per citarne alcune) hanno trovato ampio spazio sui media, poco si è parlato della liberalizzazione degli orari di apertura degli esercizi commerciali.
Eppure, le conseguenze che questa misura rischia di avere non solo sul tessuto economico locale, ma addirittura su un intero modello di consumo, sono davvero gravi.
Già la manovra di Berlusconi del luglio 2011aveva previsto l’apertura domenicale degli esercizi, ma circoscritta alle sole città di interesse turistico, mentre la manovra del governo Monti è andata oltre allargando a tutte le città l’apertura H24.
Siccome la disciplina di questa materia dovrebbe spettare alle istituzioni regionali, alcune si sono già mosse o si stanno muovendo con ricorsi alla Corte costituzionale, anche se la maggioranza dei cittadini intervistati è d’accordo con l’apertura continua.
È in atto uno scontro tra i pro e i contro ma per qualcuno non è ancora chiaro quali potrebbero essere le conseguenze della deregulation.
In realtà la spiegazione è molto semplice e si collega a una situazione che ormai da anni caratterizza lo stile di consumo degli italiani e degli occidentali in generale, sempre più attratti dai grandi centri commerciali, che drenano la ricchezza del territorio esportandola altrove e modificano anche le abitudini, gli stili e la cultura degli abitanti del territorio, introducendo nuovi modelli senza radici né identità.
Questi centri che oltretutto cambiano la conformazione stessa delle aree urbane stanno sostituendo gradualmente i tradizionali luoghi di socialità e aggregazione delle città e offrono alternative posticce, “non luoghi e piazze virtuali” che hanno il solo scopo di costituire un luogo di decompressione fra un negozio e l’altro e si inseriscono in un percorso di consumo studiato a tavolino.
È quindi questo l’effetto della manovra di Monti: fare un regalo alla GDO e darci la possibilità di passare la domenica dentro i centri commerciali a fare shopping e sfamarci in qualche fast-food, penalizzando così i piccoli negozi che non possono sostenere aperture così prolungate e anche con un riflesso di ridistribuzione del reddito che si concentrerà in mano a pochi.
Il secondo effetto riguarda le relazioni. I negozi di vicinato, infatti, riescono a costruire un tessuto di relazioni, anche informali, tra persone che genera sicurezza e appartenenza. La loro prevedibile chiusura è quindi un impoverimento della città e della comunità.
Se poi si vuole seguire l'onda "liberista", mi sembra che oggi siano rimasti pochi dubbi su "a chi fanno bene" le liberalizzazioni, certo non al consumatore impoverito, anche se magari nei centri commerciali può trovare beni di consumo a prezzo più basso.
Il "costo vero" si paga quindi nel lungo termine con l’aumento di povertà del territorio e più ancora di povertà relazionale.
mercoledì 25 gennaio 2012
LOMBARDIA/COMMERCIO: REGIONE PRONTA A RICORRERE A CONSULTA
La Lombardia, d'intesa e in coordinamento con altre Regioni, sia pronta a ricorrere alla Corte Costituzionale contro il decreto del Governo sulle liberalizzazioni che autorizza orari e aperture per i negozi commerciali.
Lo chiede il Consiglio regionale che ha votato oggi, d'accordo tutti i partiti (un solo astenuto, l'Assessore al Commercio Stefano Maullu) una mozione presentata dalla Lega Nord.
Il documento e' stato emendato in alcune sue parti con proposte avanzate da Arianna Cavicchioli del Pd (che ha eliminato i riferimenti critici al ruolo della Banca Centrale Europea e alla parte in cui si parlava di ''liberalizzazioni selvagge'') e del capogruppo del PdL Valentini Puccitelli (sua la proposta di sollecitare un coordinamento tra i Presidenti di Regione) .
La mozione sottolinea che la materia, come stabilisce il titolo V della Costituzione, appartiene alle Regioni e dunque invita il Presidente della Giunta regionale ad ''attivarsi coordinandosi con gli altri Presidenti di Regione per ricorrer alla Corte Costituzionale'' .
Nel dibattito sono anche intervenuti Giulio Cavalli per Sel, Elisabetta Fatuzzo dei Pensionati, Gabriele Sola dell'Idv e Filippo Penati per il Gruppo Misto sottolineando che le decisioni del Governo mettono a rischio la piccola rete commerciale lombarda .
In chiusura di dibattito e' anche intervenuto l'Assessore al Commercio Stefano Maullu che ha ricordato quanto Regione Lombardia ha fatto in questi anni nel settore del Commercio, sia come sostegno alle imprese sia come iniziative normative a sostegno del pluralismo delle reti distributive.
''Il Consiglio si e' espresso in modo chiaro ed inequivocabile - ha detto Maullu - Nel frattempo continueremo l'azione di tutela delle prerogative della Regione in materia di orari e aperture domenicali. Dialogheremo con il Governo Monti affinché il Decreto possa essere rivisto cosi' da poter garantire al meglio la valorizzazione delle peculiarità della nostra Regione.
Inoltre - ha concluso Maullu - consolideremo l'azione di ascolto e confronto intrapresa con incontri collegiali, come l'Osservatorio del Commercio che riconvocherò a breve''.
Soddisfatto del voto il Capogruppo della Lega Nord Stefano Galli che ha ribadito che ''una deregulation selvaggia delle attività commerciali rischia di penalizzare il commercio di vicinato a vantaggio esclusivo della grande distribuzione organizzata e conseguentemente delle grandi catene francesi e tedesche, che ne rappresentano la grande maggioranza.
Adesso però - ha aggiunto Galli - la Lombardia agirà a tutela delle proprie legittime prerogative della propria autonomia''.
Da asca.it del 24 Gennaio 2012
Lo chiede il Consiglio regionale che ha votato oggi, d'accordo tutti i partiti (un solo astenuto, l'Assessore al Commercio Stefano Maullu) una mozione presentata dalla Lega Nord.
Il documento e' stato emendato in alcune sue parti con proposte avanzate da Arianna Cavicchioli del Pd (che ha eliminato i riferimenti critici al ruolo della Banca Centrale Europea e alla parte in cui si parlava di ''liberalizzazioni selvagge'') e del capogruppo del PdL Valentini Puccitelli (sua la proposta di sollecitare un coordinamento tra i Presidenti di Regione) .
La mozione sottolinea che la materia, come stabilisce il titolo V della Costituzione, appartiene alle Regioni e dunque invita il Presidente della Giunta regionale ad ''attivarsi coordinandosi con gli altri Presidenti di Regione per ricorrer alla Corte Costituzionale'' .
Nel dibattito sono anche intervenuti Giulio Cavalli per Sel, Elisabetta Fatuzzo dei Pensionati, Gabriele Sola dell'Idv e Filippo Penati per il Gruppo Misto sottolineando che le decisioni del Governo mettono a rischio la piccola rete commerciale lombarda .
In chiusura di dibattito e' anche intervenuto l'Assessore al Commercio Stefano Maullu che ha ricordato quanto Regione Lombardia ha fatto in questi anni nel settore del Commercio, sia come sostegno alle imprese sia come iniziative normative a sostegno del pluralismo delle reti distributive.
''Il Consiglio si e' espresso in modo chiaro ed inequivocabile - ha detto Maullu - Nel frattempo continueremo l'azione di tutela delle prerogative della Regione in materia di orari e aperture domenicali. Dialogheremo con il Governo Monti affinché il Decreto possa essere rivisto cosi' da poter garantire al meglio la valorizzazione delle peculiarità della nostra Regione.
Inoltre - ha concluso Maullu - consolideremo l'azione di ascolto e confronto intrapresa con incontri collegiali, come l'Osservatorio del Commercio che riconvocherò a breve''.
Soddisfatto del voto il Capogruppo della Lega Nord Stefano Galli che ha ribadito che ''una deregulation selvaggia delle attività commerciali rischia di penalizzare il commercio di vicinato a vantaggio esclusivo della grande distribuzione organizzata e conseguentemente delle grandi catene francesi e tedesche, che ne rappresentano la grande maggioranza.
Adesso però - ha aggiunto Galli - la Lombardia agirà a tutela delle proprie legittime prerogative della propria autonomia''.
Da asca.it del 24 Gennaio 2012
martedì 24 gennaio 2012
LIBERALIZZAZIONI. CENTRI COMMERCIALI SEMPRE APERTI, E LA CRISI AUMENTA
Fra le misure di sostegno economico previste dal nuovo governo Monti, figura anche la liberalizzazione degli orari di apertura delle attività commerciali. Il rischio però è quello di penalizzare lavoratori e piccoli esercizi commerciali, schiacciati dalla Grande Distribuzione.
Ancora una volta, per uscire dalla crisi si stimolano i consumi. Eppure il meccanismo malato dell'attuale sistema è proprio il consumismo sfrenato.
Andiamo con ordine. Già la manovra finanziaria dello scorso anno, la legge 111 del luglio 2011 emanata dal Governo Berlusconi, prevedeva una serie di misure volte a deregolamentare gli orari e i giorni di apertura delle attività commerciali, eliminando di fatto quasi ogni paletto, dalla chiusura domenicale alla mezza giornata settimanale, fino ai periodi di ferie.
Era però prevista una rilevante limitazione, che circoscriveva l’applicabilità del provvedimento alle sole città di interesse turistico.
La recente manovra del Governo Monti ha recepito e riproposto le disposizioni in termini di orario, eliminando però anche quest’ultimo paletto: dal 2 gennaio del 2012 infatti, per gli enti locali italiani è partito un conto alla rovescia di novanta giorni, il tempo che hanno a disposizione per adeguare le direttive in merito alle aperture degli esercizi commerciali nei territori di loro competenza.
Ma oltre agli scontri tra favorevoli e contrari, quali potrebbero essere le conseguenze della deregulation? In realtà la spiegazione è molto semplice e si collega a una situazione che ormai da anni caratterizza lo stile di consumo degli italiani e degli occidentali in generale, sempre più attratti dai grandi centri di consumo – le strutture della Grande Distribuzione Organizzata –, che stanno deterritorializzando l’economia, non solo assorbendo ricchezza dal tessuto locale senza poi lì reinvestirla, ma modificando anche le abitudini, gli stili e la cultura degli abitanti del territorio, introducendo nuovi modelli senza radici né identità.
Ancora una volta, per uscire dalla crisi si stimolano i consumi. Eppure il meccanismo malato dell'attuale sistema è proprio il consumismo sfrenato.
Andiamo con ordine. Già la manovra finanziaria dello scorso anno, la legge 111 del luglio 2011 emanata dal Governo Berlusconi, prevedeva una serie di misure volte a deregolamentare gli orari e i giorni di apertura delle attività commerciali, eliminando di fatto quasi ogni paletto, dalla chiusura domenicale alla mezza giornata settimanale, fino ai periodi di ferie.
Era però prevista una rilevante limitazione, che circoscriveva l’applicabilità del provvedimento alle sole città di interesse turistico.
La recente manovra del Governo Monti ha recepito e riproposto le disposizioni in termini di orario, eliminando però anche quest’ultimo paletto: dal 2 gennaio del 2012 infatti, per gli enti locali italiani è partito un conto alla rovescia di novanta giorni, il tempo che hanno a disposizione per adeguare le direttive in merito alle aperture degli esercizi commerciali nei territori di loro competenza.
Ma oltre agli scontri tra favorevoli e contrari, quali potrebbero essere le conseguenze della deregulation? In realtà la spiegazione è molto semplice e si collega a una situazione che ormai da anni caratterizza lo stile di consumo degli italiani e degli occidentali in generale, sempre più attratti dai grandi centri di consumo – le strutture della Grande Distribuzione Organizzata –, che stanno deterritorializzando l’economia, non solo assorbendo ricchezza dal tessuto locale senza poi lì reinvestirla, ma modificando anche le abitudini, gli stili e la cultura degli abitanti del territorio, introducendo nuovi modelli senza radici né identità.
sabato 14 gennaio 2012
I ragazzi del centro «Alle Valli»: «La manovra ci distrugge»
La manovra Monti sulla liberalizzazione ha un senso??
Chi pone questa domanda siamo noi, ragazzi, che ormai per colpa di questa Manovra "Salva vita” non hanno più una vita personale».
A scrivere sono un gruppo di ragazzi dipendenti del Centro commerciale Le Valli di Seriate Bergamo.
«Noi tutti lavoriamo nei centri commerciali, quelli che fino a 20 anni fa non c'erano, quelli che invece ad oggi, la gente, sembra non riesca mai a farne a meno...
Siamo ragazzi che, come i signori politici hanno una vita extra lavorativa, hanno una famiglia, dei mariti, delle mogli, figli, genitori e nipoti con i quali anche noi vorremmo trascorrere le domeniche e le festività.
Spesso ci chiediamo perché nei giorni di festa i nostri politici non vengano nei centri commerciali? Si renderebbero conto che la gente, anche se il centro è aperto, non viene per spendere ma solo per passare la domenica, o il festivo, al caldo, o al fresco risparmiando così sui consumi di casa loro».
E poi la lettera continua: «Vorrei chiedere a questi signori se la loro manovra “Salva vita” dà la certezza ai giovani disoccupati di riuscire ad avere il tanto agognato posto di lavoro...
Perché il piccolo negozio, che oggi fa fatica a pagare due full-time, non ti assume altro personale se poi a fine mese non ha i soldi per pagarlo! - scrive il gruppo di giovani -.
Ci sono negozi che ridotti all'osso fanno fare degli spezzati ai propri ragazzi perché non hanno nessuna intenzione di assumere personale, ragazzi che magari non abitano a pochi chilometri, ma distanti da casa e quindi devono stare nello stesso centro, per ore, seduti sulle panchine, o nei loro magazzini in attesa di riprendere il turno passando così la media di 9/11 ore complessive fuori casa».
E poi un'ultima considerazione: «Vi sembra giusto che dopo un novembre e un dicembre, dove non abbiamo saltato una domenica, dove abbiamo “elemosinato” i giorni di riposo settimanale, gli unici giorni di meritato riposo sono stati un 25/26?
Ovviamente unici due giorni dove non abbiamo timbrato cartellino, ma solo perchè erano il giorno del Santo Natale e Santo Stefano, dopo le 40 ore settimanali, se non di più...».
Da: www.ecodibergamo.it del 11/01/2012
http://www.ecodibergamo.it/stories/Cronaca/260584_la_manovra_salva_vita_ci_distrugge_la_lettera_dei_ragazzi_del_centro_di_seriate/
Chi pone questa domanda siamo noi, ragazzi, che ormai per colpa di questa Manovra "Salva vita” non hanno più una vita personale».
A scrivere sono un gruppo di ragazzi dipendenti del Centro commerciale Le Valli di Seriate Bergamo.
«Noi tutti lavoriamo nei centri commerciali, quelli che fino a 20 anni fa non c'erano, quelli che invece ad oggi, la gente, sembra non riesca mai a farne a meno...
Siamo ragazzi che, come i signori politici hanno una vita extra lavorativa, hanno una famiglia, dei mariti, delle mogli, figli, genitori e nipoti con i quali anche noi vorremmo trascorrere le domeniche e le festività.
Spesso ci chiediamo perché nei giorni di festa i nostri politici non vengano nei centri commerciali? Si renderebbero conto che la gente, anche se il centro è aperto, non viene per spendere ma solo per passare la domenica, o il festivo, al caldo, o al fresco risparmiando così sui consumi di casa loro».
E poi la lettera continua: «Vorrei chiedere a questi signori se la loro manovra “Salva vita” dà la certezza ai giovani disoccupati di riuscire ad avere il tanto agognato posto di lavoro...
Perché il piccolo negozio, che oggi fa fatica a pagare due full-time, non ti assume altro personale se poi a fine mese non ha i soldi per pagarlo! - scrive il gruppo di giovani -.
Ci sono negozi che ridotti all'osso fanno fare degli spezzati ai propri ragazzi perché non hanno nessuna intenzione di assumere personale, ragazzi che magari non abitano a pochi chilometri, ma distanti da casa e quindi devono stare nello stesso centro, per ore, seduti sulle panchine, o nei loro magazzini in attesa di riprendere il turno passando così la media di 9/11 ore complessive fuori casa».
E poi un'ultima considerazione: «Vi sembra giusto che dopo un novembre e un dicembre, dove non abbiamo saltato una domenica, dove abbiamo “elemosinato” i giorni di riposo settimanale, gli unici giorni di meritato riposo sono stati un 25/26?
Ovviamente unici due giorni dove non abbiamo timbrato cartellino, ma solo perchè erano il giorno del Santo Natale e Santo Stefano, dopo le 40 ore settimanali, se non di più...».
Da: www.ecodibergamo.it del 11/01/2012
http://www.ecodibergamo.it/stories/Cronaca/260584_la_manovra_salva_vita_ci_distrugge_la_lettera_dei_ragazzi_del_centro_di_seriate/
sabato 7 gennaio 2012
Negozi aperti 24h su 24? No Grazie!
A mio avviso, l’idea del Governo Monti, che basti liberalizzare gli orari degli esercizi commerciali per favorire la concorrenza, che basti, quindi, l’apertura indiscriminata dei negozi per rimettere in moto l'economia, è chiaramente strumentale e di corto respiro.
Non serve essere economisti per capire che i budget delle famiglie e dei consumatori, infatti, sono gli stessi e non aumenta la capacità di spesa se i negozi restano aperti di più, ma si spalmerà su sette giorni anziché sei.
Assecondando le richieste di liberalizzazione della grande distribuzione si danneggia poi il commercio di vicinato che non ha la forza di tenere questi orari e questo può portare al monopolio dei poteri forti e ad un’esplosione di negozi etnici aperti a qualsiasi ora,
Fare la spesa la domenica può essere sì una comodità per chi lavora tutta la settimana, ma un’offerta commerciale, in Lombardia, dalle 7 alle 22 per tredici ore quotidiane e per la grande distribuzione anche per ventidue domeniche all’anno di apertura non costituisce un’amplissima possibilità di scelta? Non sono sufficienti per lo shopping?
Certo ci sono già tante categorie che lavorano la domenica nei servizi essenziali, Medici del pronto soccorso, vigili del fuoco, mezzi pubblici.
Ma se fare shopping è un servizio essenziale da garantire 365 giorni all'anno, allora per servizio devono essere aperti anche gli uffici pubblici, le banche, la posta, i medici di base.
Invito chi dice che i lavoratori del commercio possono comunque riposare in giorno diverso dalla domenica, a provare a fare il proprio riposo settimanale di lunedì anziché la domenica (giorno in cui tutti i suoi affetti sono in festa), e poi sentire che ne pensa.
Si rispetti anche chi non vuole scimmiottare l’american-life e il fast-life, ma che vuole uno stile di vita più lento, più adeguato ai tempi dell’uomo e delle relazioni sociali.
E poiché la crisi in atto è la conseguenza di questo sistema consumistico e decadente anche di valori, la politica si chieda quale società immagina per il futuro e non penalizzi una società basata, per adesso, su un’economia di relazione per andare verso una dedita al consumo 24 ore su 24.
Voglio ricordare che In tutta Europa gli orari dei negozi sono regolamentati; ovvero ovunque sono fissati orari massimi di apertura nei giorni feriali - sia pure con estensioni diverse legate anche alle diverse condizioni climatiche ed ai costumi locali - e in nessuna nazione vi è libertà di apertura per 365 giorni l’anno o per tutte le domeniche e/o tutti giorni festivi.
Insomma, invito a riflettere attentamente sulla scelta politica che ci vorrebbe tutti asserviti, 365 giorni l’anno, alla logica del consumismo quale soluzione alla crisi.
Col tempo ne potremmo pagare le conseguenze in termini di vivibilità.
In Europa, dice la Confcommercio di Padova, il londinese Harrod’s, che vende dallo spillo alla portaerei, apre dal lunedì al sabato dalle 10 alle 20 e la domenica dalle 12 alle 18.
Nel resto del Regno Unito, salvo eccezioni, si apre alle 10 per chiudere normalmente alle 18 e alle 20 il giovedì.
A Parigi i negozi aprono dalle 9 alle 19 e i grandi centri commerciali chiudono alle 20 o alle 22.
E a Barcellona l’orario dei negozi è quanto di più mediterraneo ci si possa aspettare: dalle 10 alle 14 e poi delle 16.30 alle 20.
A Vienna si compra dalle 8 alle 18.30, ma il sabato l’orario di chiusura dei negozi è normalmente fissato alle 12.
Non serve essere economisti per capire che i budget delle famiglie e dei consumatori, infatti, sono gli stessi e non aumenta la capacità di spesa se i negozi restano aperti di più, ma si spalmerà su sette giorni anziché sei.
Assecondando le richieste di liberalizzazione della grande distribuzione si danneggia poi il commercio di vicinato che non ha la forza di tenere questi orari e questo può portare al monopolio dei poteri forti e ad un’esplosione di negozi etnici aperti a qualsiasi ora,
Fare la spesa la domenica può essere sì una comodità per chi lavora tutta la settimana, ma un’offerta commerciale, in Lombardia, dalle 7 alle 22 per tredici ore quotidiane e per la grande distribuzione anche per ventidue domeniche all’anno di apertura non costituisce un’amplissima possibilità di scelta? Non sono sufficienti per lo shopping?
Certo ci sono già tante categorie che lavorano la domenica nei servizi essenziali, Medici del pronto soccorso, vigili del fuoco, mezzi pubblici.
Ma se fare shopping è un servizio essenziale da garantire 365 giorni all'anno, allora per servizio devono essere aperti anche gli uffici pubblici, le banche, la posta, i medici di base.
Invito chi dice che i lavoratori del commercio possono comunque riposare in giorno diverso dalla domenica, a provare a fare il proprio riposo settimanale di lunedì anziché la domenica (giorno in cui tutti i suoi affetti sono in festa), e poi sentire che ne pensa.
Si rispetti anche chi non vuole scimmiottare l’american-life e il fast-life, ma che vuole uno stile di vita più lento, più adeguato ai tempi dell’uomo e delle relazioni sociali.
E poiché la crisi in atto è la conseguenza di questo sistema consumistico e decadente anche di valori, la politica si chieda quale società immagina per il futuro e non penalizzi una società basata, per adesso, su un’economia di relazione per andare verso una dedita al consumo 24 ore su 24.
Voglio ricordare che In tutta Europa gli orari dei negozi sono regolamentati; ovvero ovunque sono fissati orari massimi di apertura nei giorni feriali - sia pure con estensioni diverse legate anche alle diverse condizioni climatiche ed ai costumi locali - e in nessuna nazione vi è libertà di apertura per 365 giorni l’anno o per tutte le domeniche e/o tutti giorni festivi.
Insomma, invito a riflettere attentamente sulla scelta politica che ci vorrebbe tutti asserviti, 365 giorni l’anno, alla logica del consumismo quale soluzione alla crisi.
Col tempo ne potremmo pagare le conseguenze in termini di vivibilità.
In Europa, dice la Confcommercio di Padova, il londinese Harrod’s, che vende dallo spillo alla portaerei, apre dal lunedì al sabato dalle 10 alle 20 e la domenica dalle 12 alle 18.
Nel resto del Regno Unito, salvo eccezioni, si apre alle 10 per chiudere normalmente alle 18 e alle 20 il giovedì.
A Parigi i negozi aprono dalle 9 alle 19 e i grandi centri commerciali chiudono alle 20 o alle 22.
E a Barcellona l’orario dei negozi è quanto di più mediterraneo ci si possa aspettare: dalle 10 alle 14 e poi delle 16.30 alle 20.
A Vienna si compra dalle 8 alle 18.30, ma il sabato l’orario di chiusura dei negozi è normalmente fissato alle 12.
mercoledì 4 gennaio 2012
ARTICOLI SULLA LIBERALIZZAZIONE 2
3 gennaio 2012
Italia: apertura no stop per i centri commerciali
Da oggi in Italia negozi, centri commerciali, bar e ristoranti potranno rimanere aperti 24 ore su 24 e 365 giorni l’anno. Lo stabilisce il decreto sulla liberalizzazione deciso dal governo Monti. Mentre la grande distribuzione ha accolto con favore il provvedimento, i piccoli commercianti sono preoccupati.
http://www.infoinsubria.com/2012/01/italia-apertura-no-stop-per-i-centri-commerciali/
mercoledì, 04 gennaio 2012
IL CASO
Negozi, la Puglia frena sulle liberalizzazioni
Codacons: "Denunceremo Vendola all'antitrust"
Codacons: "Denunceremo Vendola all'antitrust"
La
Regione, come la Toscana e il Piemonte, impugna la norma davanti alla Corte
Costituzionale. I consumatori: "E' un provvedimento che attendiamo da 20
anni, le mancate liberalizzazioni costano ai cittadini 8 milioni di euro"
mercoledì, 04 gennaio 2012 - 17:11
Commercio. IDV Massa Carrara: "Alle Amministrazioni locali chiediamo regole a tutela dei piccoli esercizi"
Ci risiamo con l'ennesimo Governo che ci ripropone i negozi
aperti "sempre", come se la domanda di quei servizi fosse una domanda
senza fine.
Mercoledì 04 Gennaio 2012 - 13:45
Liberalizzazioni, la Regione
pronta
far ricorso alla Corte Costituzionale
L'assessore al Commercio Coppola: «lo Stato ha deciso di entrare a gamba tesa». Il Codacons: pronti a denunciare Zaia
Molte Regioni dicono "no" all'articolo 31 della manovra
Monti sulla "promozione e la tutela della concorrenza" e fanno sapere
di essere pronte a ricorrere alla Corte Costituzionale. Tra queste decisa la posizione
della Regione Veneto,
attraverso le parole dell'assessore al Commercio: «lo Stato ha deciso di
entrare a gamba tesa e noi faremo ricorso alla Corte Costituzionale».
04 gennaio 2012, 08:00
L’ex vicesindaco De Corato: «Sarà il boom di attività etniche»
«Mi
auguro che Comune e Regione ci pensino bene ad agevolare l'apertura dei negozi
anche nelle ore notturne, perchè oltre alla grande distribuzione ai
agevoleranno le miriadi di attività etniche presenti in città, come quelle
cinesi che già oggi operano in deroga agli orari di apertura e chiusura».
L'avvertimento è del consigliere Pdl Riccardo De Corato, che coem vicesindaco
al fianco della Moratti difese a spada tratta le ordinanze sul coprifuoco per
kebab, centri massaggi, phone center. Con la nuova legge, «se Regione e Comune
confermeranno la deregulation, si avrà un ulteriore esplosione di negozi etnici
aperti a qualsiasi ora, sfruttando il lavoro nero o sottopagato, a danno dei
commercianti milanesi che rispettano le regole».
Martedì 03 Gennaio 2012 17:21
Liberalizzazioni, tutti contro il Governo
UNICOOP. "I nostri negozi sono aperti
per 13 ore al giorno, 78 ore la settimana; una domenica al mese, più altre
sette/otto aperture festive: vi sembra poco come servizio al
consumatore?".
PROVINCIA. “Non si risolve il problema del
calo dei consumi con la totale ‘deregulation’ degli orari dei negozi o dei
centri commerciali.
GRUPPO MISTO. “La Regione Toscana esprima
un no compatto alle liberalizzazioni selvagge messe in atto dal Governo Monti”.
Pubblicato il 04-01-2012
Liberalizzazione del commercio: a Senigallia un "accordo tra gentiluomini"
L'Assessore Curzi sulla manovra Monti: "Non sono queste le liberalizzazioni che servono"
Sulla totale
liberalizzazione delle attività commerciali, sono
in molti ad aver sollevato critiche alla manovra del governo Monti.
3 gennaio 2012
Liberalizzazioni: le Regioni dicono no all’art. 31 della manovra. Avanzano i ricorsi
ROMA – Molte Regioni dicono 'no' all'articolo 31 della
manovra Monti sulla 'promozione e la tutela della concorrenza' e fanno sapere
di essere pronte a ricorrere alla Corte Costituzionale. A livello politico lo
stop alla liberalizzazione degli orari degli esercizi commerciali non rispetta
appartenenze politiche, visto che le Regioni che minacciano il ricorso sono sia
di centrosinistra sia di centrodestra, con più di una presenza in prima fila di
governatori del Carroccio.
Martedì 03 Gennaio 2012
Orari liberalizzati, negozianti in
rivolta
minacciano serrata: posti lavoro a rischio
Confesercenti: nel Lazio in
pericolo 100mila attività
La Regione Toscana annuncia ricorso alla Corte costituzionale
La liberalizzazione totale di orari e giorni di apertura degli
esercizi commerciali, entrata in vigore con l’inizio dell’anno, «è la goccia
che fa traboccare il vaso». La rivolta dei negozi parte da Roma, dove
Confesercenti minaccia la serrata, ossia lo sciopero generale del settore,
«contro i continui interventi di governi nazionali e locali che colpiscono
esclusivamente le piccole e medie imprese del commercio».
03/01/2012
Liberalizzazioni orari negozi, ci prova l’Orio Center
Il centro commerciale annuncia store aperti fino alle 24 ma la direttiva del governo, che permette l’estensione degli orari d’apertura, genera una dura opposizione dei sindacati. I motivi
Salvo smentite Orio al Serio sarà il primo comune d’Italia
ad avventurarsi nel territorio inesplorato del commercio esteso fino alle ore
piccole. È quanto si legge sul Corriere della Sera di martedì 3 gennaio
che, parlando dell’iniziativa del centro commerciale Orio Center,
fotografa una situazione comune in tutta Italia: quella delle liberalizzazioni
degli orari d’apertura dei negozi che sta suscitando polemiche da Nord a
Sud.
03/01/2012
Negozi aperti quando e come
vogliono. Un provvedimento che fa discutere
Ma l'Open 24 hours ha senso in Valdichiana?
Scatta la liberalizzazione degli orari di apertura degli
esercizi commerciali. Potranno aprire quanto e quando vogliono, senza regole.
Non essendomi ancora del tutto ripreso dalla vacanza a Mahnattan, dove tutto è open
24 hrs, lipperlì accolgo la notizia positivamente. "Finalmente""
dico, "non dovrò più affrettarmi a fare la spesa entro le 8 di sera,
potrò comprare le sigarette (brutto vizio) anche di notte senza cercarmi gli
spiccioli in tasca e se verrò colto alle 3 di notte da un attacco di fame non mi
dispererò trovando il frigo vuoto, tanto ci sarà sempre un supermercato o un
bar aperto a due passi da casa".
Ma poi sento che la Regione Toscana
ha fatto ricorso alla Corte Costituzionale parlando di provvedimento che
uccide la piccola impresa, mi ricordo improvvisamente di abitare a Cortona
e non sulla Broadway e comincio a ragionare un po'.
L'open 24 hrs in Italia, e
in Valdichiana, a me piacerebbe tantissimo ma probabilmente non avrebbe molto
senso. O meglio, avrebbe un senso se non ci fosse da sobbarcarsi un trapasso
verso una realtà diversa, più newyorkese, dalla quale siamo lontani anni luce e
che non è nel nostro stile e nella nostra cultura. Un trapasso che certo in un
momento di crisi come questo sarebbe una coltellata.
03/01/2012
Negozi aperti 24h su 24? No Grazie!
Istituzioni locali e associazioni di categoria contro il
provvedimento sulle liberalizzazioni voluto dal governo Monti
Milano, 3 gennaio 2012
"Salva-Italia", liberalizzare gli orari dei negozi
Ma Milano non ha fretta: commercianti in rivolta
- Il Comune attende l’intervento
della Regione. La Regione rilancia la palla nel campo
comunale. I commercianti, intanto, sono in rivolta.
La liberalizzazione degli orari degli esercizi
commerciali prevista nel decreto «salva Italia» del
Governo Monti crea scompiglio a Milano e in Lombardia. Gli
enti locali hanno tempo 90 giorni per adeguare i loro
ordinamenti alla nuova disposizione statale, che consente di tenere aperte 24
ore su 24 le saracinesche di negozi, bar, ristoranti,
locali e supermercati.
03 gennaio 2012
Negozi, Cota contro Monti "Ricorso alla Consulta"
La Regione Piemonte ha annunciato il ricorso contro l'articolo 31: è incostituzionale. Il decreto del governo bocciato anche dalle associazioni di categoria. Ma alcuni supermercati si preparano all'orario no stop
ARTICOLI SULLA LIBERALIZZAZIONE 1
Negozi sempre aperti, via alla liberalizzazione e Lecce si prepara
Teoricamente anche nel capoluogo salentino, come nel resto d'Italia, negozi, bar, ristoranti, locali, supermercati, dal 1° gennaio 2012 potrebbero restare aperti al pubblico senza limiti di orario.
Ma non tutto è ancora chiaro
www.lecceprima.it/cronaca/commercio-finanziaria-monti-liberalizzazione.html
02/01/2012 LA DISPUTA SULLE NUOVE REGOLE
Liberi orari e aperture dei negozi: a Roma no di Confesercenti, che minaccia la serrata
Commercianti in rivolta contro la deregulation: «Conviene solo a pub e ristoranti». Favorevole invece l'associazione dei consumatori: «Si rinnova la concorrenza con possibile diminuzione dei prezzi» www.roma.corriere.it/roma/notizie/cronaca/12_gennaio_2/serrata-negozi-anti-liberalizzazioni-1902721452620.shtml
Monti liberalizza gli orari dei negozi, la Toscana annuncia ricorso
FIRENZE, 2 GEN – La Regione Toscana impugnerà di fronte alla Corte Costituzionale le ultime norme del governo sulla liberalizzazione del commercio. ''La liberalizzazione totale e selvaggia degli orari e delle aperture e' solo un altro regalo alla grande distribuzione e una batosta per le piccole imprese. Un minimo di regole e' utile anche alla concorrenza. Tutto questo mentre bisognerebbe invece rilanciare il piccolo commercio per fini sociali, di sicurezza, vivibilità e di identità'''.
La Regione contro Monti
"Niente orari liberi per i negozi"
"Niente orari liberi per i negozi"
Riunione di giunta e poi la decisione di presentare ricorso alla Corte Costituzionale contro il provvedimento del governo
La toscana ha già fatto ricorso
Orari liberi nel commercio
le reazioni in Liguria
le reazioni in Liguria
02 gennaio 2012
Genova - I consumatori sembrano contenti, almeno dagli ultimi sondaggi, ma gli operatori del commercio e le amministrazioni pubbliche non sono così convinti. La liberalizzazione totale degli orari degli esercizi commerciali (tutti, dal ferramenta al ristorante), introdotta dal primo gennaio, apre una serie di interrogativi, soprattutto dai Comuni (che perdono gran parte del loro potere di controllo in materia), ma anche dai lavoratori del settore.
COMMERCIO
Orari dei negozi, al via la liberalizzazione
ma i commercianti preparano la resistenza
ma i commercianti preparano la resistenza
Associazioni dei consumatori favorevoli alle nuove regole previste dal decreto Salva-Italia, ma c'è il no di Confcommercio e Confesercenti. E anche molti enti locali sono pronti a opporsi, perfino con un ricorso alla Consulta
02/01/2012
Dalle associazioni del commercio plauso alla Regione che ricorre alla Corte Costituzionale
Le due principali sigle che rappresentano i negozianti ritengono la decisione coerente con le ultime normative adottate in materia
Commenti positivi di Confcommercio e Confesercenti della Toscana per la posizione assunta dalla Regione Toscana su orari e aperture dei negozi.
www.gonews.it/articolo_115184_Dalle-associazioni-commercio-plauso-alla-Regione-ricorre-alla-Corte-Costituzionale.html
02/01/2012
IL PICCOLO COMMERCIO NON PUO’ ESSERE ABBANDONATO A SE STESSO
La sfida con la grande distribuzione si vince con il servizio, la qualità e l’originalità delle proposte. Ma serve tutela per una dimensione che non può reggere ritmi e confronti insostenibili, nell’interesse del mercato
martedì 03 gennaio 2012, 14:00
Asti, orario di apertura dei negozi, è iniziata la disputa fra "favorevoli" e "contrari"
Non ancora in vigore la direttiva del Governo, ma già fioccano le polemiche. Se per le aperture "24 ore su 24", la città non ha particolari esigenze, diverso il tema sulle aperture domenicali
03 gennaio 2012
Liberalizzazioni, Unicoop
"Valuteremo caso per caso"
econdo Turiddo Campaini, presidente del consiglio di sorveglianza, ragioni economiche e culturali consigliano di porre limiti alle aperture dei supermercati
03 gennaio 2012
«Orari liberi, il Veneto non cederà»
Isi Coppola, assessore al Commercio, contro la legge Monti: faremo ricorso. Qui mai negozi aperti di notte
Negozi senza limiti d'orario, Varese perplessa
Dibattito aperto sulle liberalizzazioni
Varese, 3 gennaio 2012 - Alla vigilia dell'avvio dei saldi invernali, che anche a Varese scatteranno giovedì 5, i commercianti - già alle prese con gli scarsi risultati delle vendite natalizie - si interrogano sugli effetti della nuova legge che liberalizza gli orari di apertura dei negozi. Da Varese a Busto Arsizio, in tutta la provincia tra le prime in Italia per densità di attività commerciali cresce il coro di perplessità, degli enti locali da un lato, di molti operatori del settore dall'altro.
02/01/2012
COMMERCIO
Orari dei negozi, al via la liberalizzazione ma i commercianti preparano la resistenza
Associazioni dei consumatori favorevoli alle nuove regole previste dal decreto Salva-Italia, ma c'è il no di Confcommercio e Confesercenti. E anche molti enti locali sono pronti a opporsi, perfino con un ricorso alla Consulta
ROMA - Liberi di alzare e abbassare le saracinesche a qualsiasi ora, domeniche e festivi inclusi. Da oggi possono farlo i titolari di bar, negozi e ristoranti di tutta Italia: a loro va il potere di scegliere autonomamente come e quando lavorare. Le associazioni dei consumatori salutano la novità con entusiasmo. Ma le norme sulla liberalizzazione degli orari - previste dal decreto salva-Italia - hanno scatenato anche un mix di perplessità e critiche.
LIBERALIZZAZIONI: RICORSO DELLA REGIONE TOSCANA ALLA CORTE COSTITUZIONALE
“La liberalizzazione totale e selvaggia degli orari e delle aperture è solo un altro regalo alla grande distribuzione e una batosta per le piccole imprese. Un minimo di regole è utile anche alla concorrenza. Tutto questo mentre bisognerebbe invece rilanciare il piccolo commercio per fini sociali, di sicurezza, vivibilità e di identità”.
Lo ha detto il presidente Enrico Rossi oggi pomeriggio commentando la decisione presa dalla giunta.
E’ stata approvata nel primo pomeriggio di oggi, infatti, una circolare per il settore commerciale toscano.
“Chiariamo così – ai comuni e agli operatori del settore – i rapporti che intercorrono tra normativa statale e regionale in materia di orari, sottolineando l’applicabilità della norma regionale rispetto a quella nazionale” ha detto l’assessore al commercio Cristina Scaletti. Infatti la norma regionale approvata il 27 dicembre scorso è entrata in vigore successivamente a quella nazionale, e pertanto trovano piena applicazione le disposizioni ivi previste in una materia che il Titolo V della Costituzione stabilisce di piena competenza delle Regioni, come più volte ribadito dalla stessa Corte Costituzionale.
“La Regione – ha continuato l’assessore Scaletti – pur recependo alcuni principi di liberalizzazione che provengono dal governo, ritiene che la liberalizzazione debba essere equa e non selvaggia nel rispetto dei diritti dei lavoratori e del piccolo commercio, come affermato anche dalle principali associazioni di categoria e dai sindacati”.
“Non è il consumismo la risposta giusta alla crisi – ha precisato Enrico Rossi.
Mi pare solo un insulto alla nostra identità culturale, alle nostre tradizioni e alla nostra storia.
Ci aspettiamo che anche la Chiesa faccia sentire la sua voce. Si costringerà chi lavora nei negozi a gestione familiare ad essere incatenato al banco, con la saracinesca alzata giorno e notte, senza pause per 365 giorni all’anno.
Dove finisce la persona, la sua vita privata, i suoi diritti?”
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