sabato 31 dicembre 2011

NEGOZI, APERTURE NO STOP, COSÌ IL COMMERCIO VA NEI GUAI


Riporto uno stralcio di un articolo del 11 dicembre 2011

Il Governo Monti ha presentato all’interno del decreto che taglia le pensioni e reintroduce l’Ici, la totale liberalizzazione degli orari commerciali …………………..

L’autore di questa normativa è l’ex garante alla concorrenza Catricalà, ora sottosegretario, noto per la grande disponibilità dimostrata nella sua precedente attività verso la potente associazione della grande distribuzione privata: Federdistribuzione.
Proprio Federdistribuzione pare aver scritto alcune parti della manovra Monti riguardo al commercio di farmaci, di carburanti e quelle citate sul commercio al dettaglio, identiche alle richieste avanzate negli ultimi mesi dall’associazione.
Proprio Federdistribuzione è riuscita negli anni, anche finanziando soggetti vicini all’università Bocconi (Cermes), a suscitare un grande interesse rispetto alla propria piattaforma di liberalizzazioni.
Liberalizzazioni che innegabilmente porteranno maggiori utili a quelle imprese, ma che danneggiano l’occupazione, i consumatori, i cittadini, la qualità della vita di milioni di persone.
……………………………………
I consumi non aumenteranno con l’estensione degli orari, ma si sposteranno dal commercio “debole” a quello “forte”.

Da: gazzettadireggio.it

lunedì 26 dicembre 2011

DECRETO MONTI: TUTTO È SEMPRE APERTO, TUTTO È SEMPRE ACQUISTABILE


Prendo spunto e condivido il pensiero di una lavoratrice del settore commercio e anch’io faccio sinceramente fatica a comprendere quali sono le motivazioni sociali, ideologiche, politiche ed etiche che sottostanno al decreto Monti, appena approvato, che liberalizza le aperture festive e l’allargamento degli orari dei negozi.
Negozi quindi ormai intesi come servizio di essenziale utilità, alla stregua di un pronto soccorso.
Pronto soccorso di questo consumismo che permea le giornate festive delle famiglie.
Ricordiamoci che stiamo parlando di commercio, non di servizi vitali.
Il fatto che alle persone piaccia andare a fare la passeggiata al fresco d'estate e al caldo d'inverno, la domenica nelle gallerie dei centri commerciali non vuol dire che debbano farlo.
Fare la spesa la domenica non è una necessità! E comunque io proporrei di regolamentare o disporre a turni le aperture (per es. come le farmacie), non di vietarle categoricamente.
Con la complicità di alcune parti politiche si vuole semplicemente instaurare un modello che non prevede più il diritto all'acquisto ma il DOVERE di essere consumatori: tutto è sempre aperto, tutto è sempre acquistabile.
Con questa liberalizzazione oggi si può acquistare di tutto la domenica, anche e soprattutto beni non essenziali: ma si rimane scoperti per tutele fondamentali, come per esempio quella sanitaria. Si possono acquistare pellicce, bistecche, ma se ci si ammala durante il fine settimana, è quasi impossibile farsi curare.
La disponibilità di determinati servizi è sostanzialmente decisa da logiche di mercato e politiche che non sempre rispondono a criteri di obiettiva rilevanza sociale.
Ma che valore sociale ha tenere aperto un negozio di calzini o di profumi alla Domenica?
Oltretutto, liberalizzare le aperture non farà altro che spostare i consumi dalle giornate feriali a quelle festive, mettendo in seria difficoltà gestionale i negozi di vicinato a tutto vantaggio dei centri commerciali.
In paesi come la Germania, l’Austria, la Svizzera, la stessa Francia, la maggioranza dei paesi scandinavi le domeniche i negozi sono chiusi e le economie di certo non ne risentono, i tedeschi non muoiono certo di fame se il supermercato è chiuso e l’economia non se la passa di certo peggio che la nostra.

sabato 24 dicembre 2011

IL COMUNE DI NONANTOLA OFFRE UN CONTRIBUTO PER LA RIQUALIFICAZIONE DELLE ATTIVITÀ ECONOMICHE DEL CENTRO STORICO


È stata approvata ai primi di novembre 2011 la delibera per il “bando pubblico per la riqualificazione commerciale e consolidamento del tessuto economico del centro storico e degli assi commerciali”.
Il Comune di Nonantola ha infatti costituito un fondo di 25.000 euro per la riqualificazione delle attività economiche presenti nel Centro Storico e altre assi commerciali individuati.
I termini per presentare le domande vanno dal 14 novembre 2011 al 14 gennaio 2012 e possono beneficiare del fondo i titolari di attività economiche con accesso e vetrine poste al piano terra e visibili sulla pubblica via e aperte al pubblico, già insediate ed attive nel Centro Storico ed assi commerciali al 1 gennaio 2011, che vogliano riqualificare la propria attività, come di seguito specificate:
  1. ·         Esercizi di vicinato: esercizi che svolgono attività di commercio al dettaglio con una superficie di vendita fino a 250 mq.
  2. ·         Attività artigianali con vendita e somministrazione al pubblico dei propri prodotti (panifici, pizzerie al taglio, rosticcerie, gelaterie e simili)
  3. ·         Attività di servizio alla persona (acconciatori, estetisti, lavanderie, calzolaio e simili)
  4. ·         Esercizi di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande
  5. ·         Associazione dei Commercianti Nonantolamo

Le spese previste per le opere ed iniziative di riqualificazione, al netto di IVA, individuate sulla base dei preventivi presentati, non devono essere inferiori a 1000 euro.
Verrà assegnato un contributo pari al 50% dell’investimento ammesso e rendicontato al netto di IVA se soggetti che operano in regime Iva o compresa IVA se soggetti in regime dei minimi, fino ad un massimo di 5mila euro.

Il Comune di Nonantola, verificata la completezza della documentazione presentata, assegnerà contributi a fondo perduto fino ad esaurimento del fondo.
La distribuzione delle risorse avverrà stilando una graduatoria delle domande ammesse a contributo, con le seguenti modalità: verranno privilegiati gli investimenti effettuati all’interno del perimetro del Centro Storico, che avranno lo precedenza nella graduatoria, e tra questi verranno privilegiati gli investimenti di maggiore importo.

“È la prima volta che il comune di Nonantola propone un bando con queste caratteristiche e siamo molto soddisfatti.
I soldi sono tutti comunali e a fondo perduto, e in periodi di ristrettezze economiche come quello attuale, sono sforzi importanti.
Vorrei inoltre sottolineare che questo percorso è stato condiviso con tutte le associazioni di categoria, e se avrà risultati positivi non esiteremo a riproporlo” - ha commentato l’assessore al centro storico Marcello Corradi.

Cna, Lapam e Confesercenti Nonantola hanno colto con favore l'impegno dell'amministrazione volto ad incentivare la riqualificazione delle attività presenti nel Centro Storico attraverso un aiuto concreto.
Un'azione che reputiamo positiva, sia nella sostanza, ma anche nella forma, visto che si tratta di un progetto condiviso, maturato dopo un confronto costruttivo.
Merita di essere sottolineato lo sforzo, che in un momento di così grave crisi dell'economia ed in considerazione delle difficoltà in cui versano gli enti locali, si cerchi di dare un contributo al miglioramento della rete commerciale e dell'artigianato di servizio.
Anche l'associazione di commercianti Nonantolamo ha espresso parere positivo sull'iniziativa.

VAL BREMBANA: AIUTI ANTISPRECHI AI PICCOLI NEGOZI CHE SOPRAVVIVONO


24-12-2011
La Comunità montana Valle Brembana corre in aiuto di negozi, bar, ristoranti, alberghi e artigiani, piccoli e di montagna. Attività, quelle dei negozi, che da qualche tempo devono fare i conti con la crisi e la concorrenza della grande distribuzione.
Tanto che da anni, e da più parti, si invocano, per le realtà commerciali di montagna, anche le agevolazioni fiscali. Purtroppo mai arrivate. 
Così i negozi spesso chiudono lasciando senza un servizio le comunità. «Questo aiuto l'ho voluto soprattutto io - precisa il presidente della Comunità montana Valle Brembana Alberto Mazzoleni -. I piccoli negozi sono un servizio fondamentale per le comunità di montagna».
Nel Piano integrato di sviluppo locale (Pils), finanziato dalla Regione, infatti, 500 mila euro andranno a sostenere negozi, bar, alberghi e artigiani (per un contributo massimo probabile del 50-70% su interventi non superiori a diecimila euro). 
Con una precisa destinazione: saranno finanziati i lavori finalizzati a migliorare l'efficienza energetica. Dal riscaldamento agli strumenti, per esempio l'acquisto di attrezzature a risparmio energetico.
«Anche questa azione - spiega Mazzoleni - rientra nel progetto vallare volto alla riduzione delle emissioni di anidride carbonica, quindi nel Patto dei sindaci dell'Unione europea».
In concreto ogni commerciante dovrà presentare un progetto che sarà poi vagliato dai tecnici della Comunità montana. 
Criterio fondamentale sarà la «montanità» del negozio: ovvero l'altitudine e la distanza, per esempio, dai centri commerciali.
Da: ecodibergamo.it del 25/11/2011

LIBERALIZZAZIONI SI, MA PER TUTTI CONCORRENZA SI, MA COME IN EUROPA


24-12-2011
La manovra approvata in Parlamento contiene elementi di forte iniquità rispetto alle imprese dei servizi, e soprattutto in fatto di liberalizzazione.
Il settore della distribuzione viene fortemente penalizzato dalla totale deregulation sugli orari.

Confcommercio Nazionale ha deciso di promuovere una forte campagna di sensibilizzazione e di mobilitazione per manifestare la ferma contrarietà a provvedimenti che incideranno fortemente sulla gestione delle imprese già significativamente provate dal perdurare della crisi che si sta trasformando rapidamente in recessione.
Ha pubblicato su vari giornali questa lettera:
TUTTE LE VERITA’ SULLE LIBERALIZZAZIONI

·         In questi anni la distribuzione ha dimostrato di essere un settore al passo con i tempi, di evolvere seguendo le trasformazioni sociali ed i comportamenti d’acquisto dei consumatori, garantendo una presenza sempre orientata ad un pluralismo distributivo in grado di soddisfare il consumatore, sia in termini di diffusione, presenza e radicamento sul territorio, che di formati, tipologia e prezzi di vendita. 
E il commercio è certamente il comparto in cui hanno più fortemente operato i processi di liberalizzazione, a partire dalla prima riforma Bersani del 1998.

domenica 18 dicembre 2011

NEGOZI LIBERI? «NOI DAREMO LE NOSTRE REGOLE»


REGIONE VENETO PRONTA  ALLO SCONTRO CON IL GOVERNO. La materia è di competenza regionale: «Se vuole, che sia Roma a farci ricorso contro»

«La nostra proposta di legge è già all'ordine del giorno del Consiglio regionale. Io vado avanti. Che sia il Governo semmai a fare ricorso alla Corte costituzionale contro di noi, se vuole». L'assessore regionale all'economia Isi Coppola non si scompone.
Col decreto salva-Italia il governo Monti è tornato alla stessa situazione di liberalizzazione quasi totale per il commercio creatasi in luglio (per un solo mese), con la prima manovra estiva dell'allora governo Berlusconi.
In sostanza, il decreto già votato ieri alla Camera (ora tocca al Senato) stabilisce che le attività commerciali e di somministrazione di alimenti-bevande sono svolte senza «il rispetto degli orari di apertura e di chiusura, l'obbligo della chiusura domenicale e festiva, nonché quello della mezza giornata di chiusura infrasettimanale».
Totale o quasi deregulation, quindi. Proprio mentre l'assessore Coppola, dopo il confronto con categorie economiche, i sindacati e i gruppi politici, sta per far approvare la cosiddetta "mini-legge" sul commercio, in attesa di avviare l'iter di approvazione della nuova legge-quadro del settore in Veneto.
È la proposta di legge nota alle cronache perché introduce 24 domeniche di negozi aperti all'anno (20 più le quattro di dicembre, mentre fino a quest'anno erano in tutto 12).
Non solo: la legge imporrebbe una moratoria a tutti i nuovi centri commerciali in Veneto, semplicemente perché blocca fino al varo della nuova legge-quadro anche le aperture di grandi superfici di vendita di autoveicoli, imbarcazioni, legname e arredamento (cioè le categorie a oggi "libere").
Infine la nuova norma interverrebbe sugli orari dei negozi al dettaglio: potrebbero tenere aperto quando vogliono nell'arco orario che va dalle 7 alle 22, eliminando quindi definitivamente sia l'obbligo di tenere aperto al massimo 13 ore, sia quello di chiusura per una mezza giornata durante la settimana.
Tutte queste proposte hanno ottenuto finora l'opposizione di chi le riteneva troppo favorevoli a una "deregulation".
Ma oggi alla luce della nuova norma statale lascerebbero comunque alcuni paletti di base.
La nuova legge Monti peraltro impone alle Regioni di adeguarsi entro 90 giorni, ma come detto il Veneto è pronto ad andare avanti per la sua strada.
Il commercio - fa notare la Regione - è una competenza delle Regioni e non statale. Si profila quindi uno scontro davanti ai giudici.P.E.

Da: ilgiornaledivicenza.it del 17/12/2011

venerdì 16 dicembre 2011

ROSSI (CONFESERCENTI): «ALLA FINE È IL COMMERCIO A PAGARE»

Non ha peli sulla lingua il presidente di Confesercenti Nicola Rossi: sul decreto Monti viene riconfermata la norma che prevede la libertà di apertura degli esercizi commerciali e la completa liberalizzazione delle autorizzazioni commerciali.
«Non ho la minima idea di che cosa c’entri la liberalizzazione dei negozi con la necessità di pareggiare il bilancio dello Stato - dichiara Rossi - Si è voluto ancora una volta nascondersi dietro l’urgenza della situazione economica per fare l’ennesimo doppio regalo alla grande distribuzione: aprire gli ipermercati, i centri commerciali come e quando vogliono i grandi potenti della distribuzione è solo un regalo fatto a questi signori».

«Chiaramente - prosegue Rossi - immediata la ricerca della Bocconi, secondo la quale le aperture domenicali porterebbero ad un incremento del PIL dello 0,25% .
Ovvio se non ci sono soldi in tasca ed i negozi sono aperti la domenica si spende lo stesso rubando nelle tasche degli altri poiché altre soluzioni non ci sono.
Ma c’è di peggio in realtà le aperture festive e senza limiti dei negozi non porteranno alcun vantaggio ai consumatori, anzi cresceranno i costi della distribuzione, ed in concreto causeranno un ulteriore trasferimento dei volumi di vendita dagli esercizi di vicinato (in particolare quelli dei piccoli comuni e dei quartieri) alla grande distribuzione.
Un trasferimento quantificato in circa il 4% del volume di vendite al dettaglio complessivo nella nostra provincia».

A seguito della liberalizzazione degli orari, è l’opinione di Confesercenti, saranno a rischio di chiusura nei prossimi tre anni il 15% delle attività commerciali della provincia, vale a dire circa 2.000 negozi, 7.500 posti di lavoro ecc., per non parlare del costo sociale della chiusura di questi negozi.

«Eppure le modifiche sulle liberalizzazioni sono state apportate: i tassisti, le farmacie, i professionisti. Dopo la minaccia iniziale il governo è tornato sui suoi passi, ma sul commercio no, avanti a testa bassa, tanto in parlamento chi difenderà qualche migliaio di ‘bottegari’ costretti a chiudere, a perder il posto di lavoro loro dei propri familiari e dei loro dipendenti» è l’amara conclusione di Rossi.

Da: Il Mattino di Padova 15 dicembre 2011

TOSCANA: CONFCOMMERCIO, NO A NEGOZI APERTI TUTTI I GIORNI

15-12-2011
Mentre si fanno strada le nuove normative nazionali sugli orari e sulle aperture festive, quelle introdotte dalla manovra di luglio del governo Berlusconi e quelle inserite dal Governo Monti nel decreto “Salva Italia”, la Regione Toscana cerca di correre ai ripari, per far valere la competenza regionale su questa materia.
Ne parla Andrea Nardin, direttore di Confcommercio Toscana, una delle associazioni di categoria che condivide con Regione e sindacati la preoccupazione per la deregulation del settore. “Abbiamo avviato un dibattito che ha portato alla condivisione di un percorso di modifica del Codice del Commercio. “Prima di tutto speriamo che questa norma serva a definire una volta per tutte le competenze fra Regione e Stato sulla regolamentazione di orari e chiusure di negozi, bar e ristoranti.
Non dimentichiamo che la Regione Toscana ha già presentato ricorso alla Corte Costituzionale su questo tema, precisamente sulle liberalizzazioni previste dal precedente Governo. Siamo in attesa di sentenza”.
Diamo un’occhiata agli orari di apertura dei negozi nella Unione Europea – continua Nardin. “Anche gli stati più disinvolti in termini di orari di apertura osservano comunque il rito delle feste, non delegando alla buona volontà di ognuno chiusure e aperture.
Una liberalizzazione selvaggia non serve a nessuno, né agli operatori né ai dipendenti, e non giova certo ai negozi di vicinato che si trovano ogni giorno a lottare in una competizione impari con la ben più potente e strutturata grande distribuzione.
C’è posto per tutti, ma non si può immaginare che una piccola impresa familiare trovi le risorse umane ed economiche per tenere aperto 24 ore su 24 per 365 giorni l’anno.
La questione deve semmai essere affidata, come succede adesso, alla concertazione territoriale”.

Da: agenparl.it del 15/12/2011

giovedì 15 dicembre 2011

IPERMERCATI, APERTURE DOMENICALI: «C'È CHI HA CHIUSO SOLO 5 VOLTE»


C'è chi ha tenuto aperto anche 47 domeniche su 52. La normativa regionale che regola le aperture domenicali esiste, ma di fatto nel 2010 è stata applicata da Comuni, associazioni di categoria e parti sociali, in maniera spregiudicata fino, in alcuni casi, a sancire una forma di liberalizzazione totale.

È per questo che il direttore di Confesercenti Bergamo, Giacomo Salvi, in vista dei termini per la presentazione da parte dei tavoli di lavoro delle date delle deroghe domenicali, invita a usare con moderazione la possibilità introdotta dai neonati distretti del commercio di tenere sempre aperto la domenica.

«L'ultima normativa regionale del 2010 ha di fatto sancito una serie di regole per le aperture domenicali – spiega Filippo Caselli, vicedirettore di Confesercenti Bergamo –. Sono state studiate per conciliare le esigenze del commercio al dettaglio, della grande distribuzione e dei lavoratori sulle aperture nelle giornate di festività».

«L'istituzione dei neonati distretti del commercio ha aperto però nuove opportunità – aggiunge Caselli –: in primis la possibilità di nuove deroghe nelle aperture domenicali senza porre alcun limite se non quello concordato sempre dal tavolo composto da Amministrazione, grande distribuzione, parti sociali e associazioni di categoria.
C'è chi l'anno scorso ha siglato accordi equilibrati fissando un tetto di otto o nove aperture in più rispetto a quanto stabilito per legge e chi invece ha concesso fino a 25 domeniche in più giungendo così in totale ad aperture anche di 47 domeniche in un anno su 52».

Da: ecodibergamo.it  del 30 novembre 2011