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pubblicato il: 01/10/2014
Il
67% degli italiani rileva che il proprio quartiere ha visto diminuire
nettamente i negozi di vicinato negli ultimi due anni. E’ uno dei dati che
emergono dal sondaggio Swg-Confesercenti, che l'organizzazione ha illustrato
nel corso della conferenza stampa tenuta alla Camera dei deputati "per
ribadire la forte insoddisfazione nei confronti dell’approvazione del
provvedimento sugli orari dei negozi che ora passa all’esame del Senato".
Molti
degli intervistati hanno segnalato che i negozi di cui erano clienti abituali
non ci sono più e il 59% del campione dà ragione a chi ritiene che la
normativa della "liberalizzazione selvaggia" vada rivista.
Le ragioni di
Confesercenti, che chiede al Senato una modifica del provvedimento, sono state
illustrate da Massimo Vivoli, vicepresidente dell'associazione: "Fra crisi
di consumi, mancanza di credito e liberalizzazione, l’esito è stato devastante
in questa lunga crisi con oltre 124 mila negozi chiusi e l’accelerazione della
desertificazione dei centri urbani.
Le vie commerciali
delle nostre città, in alcuni casi icone turistiche di valore, presentano
sempre più file di saracinesche abbassate. Inoltre, gli effetti della
liberalizzazione senza regole e la crisi hanno prodotto più di 100 mila posti
di lavoro perduti solo fra il 2012 e il 2013".
Vivoli ha ribadito
che "vogliamo evitare il collasso delle oltre 470 mila imprese del
commercio con due dipendenti o meno: continueremo a insistere perché la
legge sugli orari, ora al Senato, venga modificata in direzione di un maggiore
equilibrio e sosterremo le regioni che hanno richiesto un referendum per la
revisione della deregulation".
Vivoli ha poi
annunciato anche una lettera aperta della Confesercenti al presidente del
Consiglio segnalando che "anche in questo caso stanno prevalendo le
logiche dei poteri forti".
E Mauro Bussoni,
segretario generale di Confesercenti, "ha sostenuto che è falso
affermare che ce lo chiede l’Europa e che la liberalizzazione si è rivelata
inefficace sui consumi e sull’occupazione". "La stessa concorrenza
- ha detto - ha subito distorsioni gravi a scapito delle piccole superfici:
ormai il 74% del commercio alimentare è in mano alla grande distribuzione come
il 59% del no-food.
La riduzione delle
vendite ha reso più drammatica la situazione dei piccoli esercizi che hanno
perso il 7,8% ma la liberalizzazione non ha provocato benefici di sorta anche
per la gdo che ha accusato una flessione del 2,2%".
Bussoni ha poi
sottolineato un altro dato drammatico: "I negozi sfitti hanno superato la
quota di 600 mila, centomila in più rispetto al 2012".
Bussoni ha infine
rilanciato una proposta di mediazione partendo dal testo originale del
provvedimento di legge che prevedeva 12 chiusure obbligatorie durante l’anno. "Una base di
partenza congrua - ha detto Bussoni - che andrebbe declinata con flessibilità
introducendo la possibilità da parte dei sindaci di modificarle a seconda delle
esigenze del territorio".
Nel
corso dell’incontro, hanno parlato i rappresentanti di associazioni dei
consumatori che sostengono l’iniziativa. Rosario Trefiletti, di
Federconsumatori, ha richiamato la necessità di una interlocuzione fra politica
e corpi intermedi essenziale per definire modalità della vita economica e
sociale che riguardano il territorio.
E’ anche giunto un
messaggio del Presidente della Pastorale del lavoro, Mons. Giancarlo
Bregantini, che ha ricordato le parole del Papa quando ha sostenuto che
"la domenica va resa libera dal lavoro, eccettuati i servizi necessari,
per affermare che la priorità non è a livello economico, ma all’umano, al
gratuito, alle relazioni non commerciali ma familiari".
Bregantini si augura
che si possa "incidere sui parlamentari con proposte ferme pur se
progressive".
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