sabato 6 agosto 2011

COME PASSARE DALLA SOCIETÀ DEL BEN-AVERE A QUELLA DEL BEN-ESSERE

Alcuni concetti condivisibili tratti dalla lettura del libro: MANIFESTO PER LA FELICITA’ scritto dal Prof. Stefano Bartolini, che consiglio di leggere.

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Viviamo in paesi ricchi, ci siamo affrancati dalla povertà di massa e abbiamo accesso ai beni di consumo, all’istruzione, alla sanità, a una vita più lunga e sana.
Pure ognuno di noi avverte nell’aria il serpeggiare di un’insoddisfazione diffusa, di un malessere e un disagio psicologico che si esprimono in una dolente litania che passa di bocca in bocca: la mancanza di tempo.
Viviamo di corsa in mezzo a individui frettolosi.
E a mancare è prima di tutto il tempo delle relazioni con gli altri, sacrificate sull’altare del benessere materiale, che conosce solo due imperativi: lavoro e consumo.
Siamo più ricchi di beni e sempre più poveri di relazioni.
Ecco perché siamo sempre più infelici.
È questo il quadro desolante confermato dagli studi di varie scienze sociali sulla “felicità” nei paesi a più alto grado di sviluppo.
Ma davvero per divenire più ricchi economicamente dobbiamo per forza essere poveri di relazioni interpersonali, di benessere, di tempo, di ambiente naturale? Davvero non esiste un’altra strada?
........................... La crisi si sta allargando a macchia d’olio e sta degenerando per la “disponibilità di un popolo a vivere al di sopra delle proprie possibilità e la disponibilità del resto del mondo a fornirgli le risorse per farlo”.

Ma non si può basare un’economia solo sull’avidità”. Inoltre la selvaggia deregolamentazione degli ultimi trent’anni ha permesso a tutti i tipi di istituzioni finanziarie di comprare e vendere tutti i tipi di prodotti finanziari, fino a poter “assicurare” cose che non esistono per importi monetari da favola (ad esempio i derivati riguardanti le materie prime).
Quindi il vero “problema non è che le grandi corporation infrangono la legge; il problema è che fanno le leggi” (funzionario dell’amministrazione Clinton).
.............................. Una delle principali fonti dell’infelicità è la pubblicità, poiché fa in modo di farci desiderare cose di cui non abbiamo bisogno (che il più delle volte non possiamo permetterci).
Infatti, un pubblicitario svizzero di lungo corso ha confessato: “Farvi sbavare è la mia missione.
Nel mio mestiere nessuno desidera la vostra felicità, perché la gente felice non consuma”.
....................................................... I grandi centri commerciali si stanno progressivamente affermando come spazi relazionali. Gli Usa, dove essi sono ormai da tempo punti di riferimento per passare il tempo libero, ci hanno mostrato anche in questo caso l’esempio da non seguire.
Infatti, i centri commerciali sono delle zone pedonali in cui un bambino non corre nessun pericolo quando lascia la mano della madre.
Ma si tratta di spazi privati in cui l’assedio commerciale circonda le occasioni relazionali.
La possibilità relazionale è inserita nel contesto di un’ossessiva stimolazione al possesso.
Questo crea esclusione, quella di chi può acquistare poco o nulla.
Inoltre i negozianti ovviamente non sono particolarmente interessati a far costruire delle panchine per permettere alla gente di fermarsi a fare due chiacchiere.
Lo spazio pubblico dovrebbe offrire ciò che offrono i centri commerciali, ma all’aria aperta, con un’integrazione sociale più ampia, con più panchine e meno pressioni commerciali.
................................... Ad esempio quasi tutti sospendono il lavoro durante il fine settimana, prendono le vacanze nello stesso periodo dell’anno, le famiglie tendono a riunirsi alla stessa ora per i pasti.
Queste sono forme tradizionali di organizzazione relazionale nel senso che permettono di passare il tempo libero insieme.
Restituire le città al loro senso originario di centro di aggregazione consente di estendere le forme di organizzazione relazionale.
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Stefano Bartolini insegna Economia politica ed Economia sociale presso l’Università di Siena, e ha creato un’associazione no-profit che promuove studi e progetti volti a umanizzare i sistemi socio-economici.

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