lunedì 27 febbraio 2012

PUBBLICITÀ CONTRO IL DECRETO MONTI


Le liberalizzazioni sono un regalo solo per la grande distribuzione

«La liberalizzazione degli orari va a beneficio esclusivamente dei grandi centri commerciali».
È corale la protesta dei commercianti di Pinerolo, che non hanno voluto limitarsi a mugugnare nei loro negozi sui cambiamenti che porterà il decreto Salva Italia.
Prima, l’11 febbraio scorso, hanno dimostrato il loro dissenso lasciando al buio le vetrine, e nello slogan coniato sono sintetizzate le loro preoccupazioni: «Spegniamo le luci delle vetrine per due ore per non spegnerle per sempre».
Poi hanno acquistato alcune pagine sui giornali per pubblicare una lettera aperta a Monti. «Pinerolo è da anni cittadina turistica, quindi con orari e aperture liberalizzate - così comincia il messaggio, apparso ieri, che porta la firma dell’Associazione commercianti ed esercenti del Pinerolese, aderente a Cna Commercio - eppure la totalità dei negozi di vicinato non aprono sette giorni su sette né nelle ore serali, notturne e festive, il provvedimento in quanto tale non ha mai svolto la funzione di calmierare i prezzi, nemmeno quelli della grande distribuzione».

I commercianti di Pinerolo sono intenzionati a togliersi tutti i sassolini dalle scarpe e in cuor loro sperano che la loro protesta, partita in punta di piedi dalla Città della Cavalleria, si allarghi a macchia d’olio sino ad arrivare nella sala dei bottoni: «Le ferite sono ancora aperte, anzi ormai sono delle piaghe - dice senza mezzi termini Paolo Reita, presidente della Cna commercio di Pinerolo - la nostra categoria è già stata penalizzata nel 2006, a causa del decreto Bersani che, in nome della competitività e per una presunta tutela dei consumatori, aveva abolito il numero fisso di licenze che un tempo regolavano l’apertura dei negozi in base al numero degli abitanti e alla categoria merceologica, azzerando in questo modo il valore commerciale delle licenze, senza individuare una forma d’indennizzo».

In passato per il commerciante che si ritirava dall’attività cedere la licenza equivaleva ad una sorta di trattamento di fine rapporto. «Del resto quando aveva rilevato il negozio a sua volta aveva acquistato la licenza - aggiunge Reita - facendosi carico di una spesa che contava di recuperare a fine carriera». A togliere il sonno ai commercianti c’è anche la limitazione del denaro contante per importi superiori a mille euro. «Certamente è condivisibile il principio ispiratore che vuole combattere l’evasione fiscale - aggiunge Verano Chiale, contitolare di uno storico negozio di articoli per la casa - ma si è pensato che questo significa un maggior utilizzo delle carte di credito sulle quali il commerciante paga già importanti spese bancarie? E per quello che ne sappiamo le presunte riduzioni sulle commissioni entreranno in vigore solo a settembre».
Chiaro il messaggio della lettera aperta: si chiede che il Governo riveda le norme sulla liberalizzazione e che vigili affinché nella conversione in legge non venga riproposta la libertà di fare sconti, saldi e vendite straordinarie in qualunque momento dell’anno.
ANTONIO GIAIMO

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