Le liberalizzazioni sono un regalo solo per la grande distribuzione
«La liberalizzazione degli
orari va a beneficio esclusivamente dei grandi centri commerciali».
È corale la protesta dei
commercianti di Pinerolo, che non hanno voluto limitarsi a mugugnare nei loro
negozi sui cambiamenti che porterà il decreto Salva Italia.
Prima, l’11 febbraio scorso,
hanno dimostrato il loro dissenso lasciando al buio le vetrine, e nello slogan
coniato sono sintetizzate le loro preoccupazioni: «Spegniamo le luci delle
vetrine per due ore per non spegnerle per sempre».
Poi hanno acquistato alcune
pagine sui giornali per pubblicare una lettera aperta a Monti. «Pinerolo è da
anni cittadina turistica, quindi con orari e aperture liberalizzate - così
comincia il messaggio, apparso ieri, che porta la firma dell’Associazione
commercianti ed esercenti del Pinerolese, aderente a Cna Commercio - eppure la
totalità dei negozi di vicinato non aprono sette giorni su sette né nelle ore
serali, notturne e festive, il provvedimento in quanto tale non ha mai svolto
la funzione di calmierare i prezzi, nemmeno quelli della grande distribuzione».
I commercianti di Pinerolo
sono intenzionati a togliersi tutti i sassolini dalle scarpe e in cuor loro
sperano che la loro protesta, partita in punta di piedi dalla Città della
Cavalleria, si allarghi a macchia d’olio sino ad arrivare nella sala dei
bottoni: «Le ferite sono ancora aperte, anzi ormai sono delle piaghe - dice
senza mezzi termini Paolo Reita, presidente della Cna commercio di Pinerolo -
la nostra categoria è già stata penalizzata nel 2006, a causa del decreto
Bersani che, in nome della competitività e per una presunta tutela dei
consumatori, aveva abolito il numero fisso di licenze che un tempo regolavano
l’apertura dei negozi in base al numero degli abitanti e alla categoria
merceologica, azzerando in questo modo il valore commerciale delle licenze,
senza individuare una forma d’indennizzo».
In passato per il
commerciante che si ritirava dall’attività cedere la licenza equivaleva ad una
sorta di trattamento di fine rapporto. «Del resto quando aveva rilevato il
negozio a sua volta aveva acquistato la licenza - aggiunge Reita - facendosi
carico di una spesa che contava di recuperare a fine carriera». A togliere il
sonno ai commercianti c’è anche la limitazione del denaro contante per importi
superiori a mille euro. «Certamente è condivisibile il principio ispiratore che
vuole combattere l’evasione fiscale - aggiunge Verano Chiale, contitolare di
uno storico negozio di articoli per la casa - ma si è pensato che questo
significa un maggior utilizzo delle carte di credito sulle quali il
commerciante paga già importanti spese bancarie? E per quello che ne sappiamo
le presunte riduzioni sulle commissioni entreranno in vigore solo a settembre».
Chiaro il messaggio della
lettera aperta: si chiede che il Governo riveda le norme sulla liberalizzazione
e che vigili affinché nella conversione in legge non venga riproposta la
libertà di fare sconti, saldi e vendite straordinarie in qualunque momento
dell’anno.
ANTONIO GIAIMO
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