giovedì 16 febbraio 2012

IL GOVERNO PROPONGA UN'ECONOMIA "UMANA"


Noi commercianti di vicinato non ci siamo lamentati per la liberalizzazione degli orari, già ampiamente dilatati, ma senza i risultati sperati: non c' è cliente a Roma cui alle 22 punga vaghezza di scarpe, golf o piatti.
Ma constatiamo che nel nostro comparto produttivo, in cui risultano sempre trainanti gli interessi della grande e media distribuzione, la nostra stessa esistenza sia soffocata dalla loro posizione dominante, in evidente carenza di garanzia per una sana concorrenza.
E' triste, perché il disvalore che segnaliamo colpisce proprio le risorse umane, motore funzionale e indispensabile al sistema produttivo.
Ricordiamo che il commercio di vicinato fornisce il 50% del Pil del sistema commerciale di Roma Capitale. Il governo voleva forse sciogliere i legacci che potevano irrigidire e deprimere il nostro comparto, ma il lavoro, anche come indotto di maggior benessere, non si analizza solo con rigide leggi economiche.
L' economia dovrebbe tener conto della prospettiva antropologica, alla base di ogni relazione sociale prodotta da un sistema di mercato. Il nodo principale quindi non è solo mercificare e liberalizzare, potenziando tutti i possibili consumi, ma badare alla deprivazione del valore culturale e simbolico delle risorse umane, che di tale incremento sono la vicenda umana.
Non più leggi di mercato a dominare il lavoro, ma redistribuzione dei bisogni reali per dare impulso a quelli sociali che poi avviano il sistema economico, a quel punto sostenibile.
In tale contesto meglio si inserisce la moderna concezione di economia ecologica, che sempre più nei Paesi a avanzata sensibilità ambientale viene affiancata ai classici trattati di economia: «Sustainability Science», riconsiderare le risorse in armonia con le regole economiche del libero mercato per pensare alla "scala sostenibile dei flussi", partendo dalle reali esigenze umane in base alle capacità rigenerative delle risorse planetarie.
Senza posizioni di privilegio per chi, disponendo del personale come macchine a incastro, privandolo di sentimenti, valori, credo e riposo settimanale, può «vincere» sulle piccole aziende familiari o con dipendenti trattati da persone di famiglia, che non potranno mai tenere il passo con un' economia il cui unico credo è il maggior consumo.
Purtroppo tale frenesia mina alle radici proprio l' istituzione della famiglia, unico ente che con l' amore produce futuri cittadini, ammortizzatore sociale e vero caposaldo del Paese e che almeno alla domenica dovrebbe poter spendere il proprio tempo libero al suo interno.
Più liberalizzazioni, più consumi, più mercato, più economia, ma tale perverso sistema non sa di aver soffocato la democrazia redistributiva, schiacciata da un mercato che erode terreni agricoli e ambiente materializzando tutto in tonnellate di cemento, incapace di valorizzare la componente umana del lavoro, in armonia di sviluppo fra uomo e ambiente.
Giovanna Marchese Bellaroto Assocommercio Romanord

da Pagina 8 (14 febbraio 2012) - Corriere della Sera

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