Noi
commercianti di vicinato non ci siamo lamentati per la liberalizzazione degli
orari, già ampiamente dilatati, ma senza i risultati sperati: non c' è cliente
a Roma cui alle 22 punga vaghezza di scarpe, golf o piatti.
Ma
constatiamo che nel nostro comparto produttivo, in cui risultano sempre
trainanti gli interessi della grande e media distribuzione, la nostra stessa
esistenza sia soffocata dalla loro posizione dominante, in evidente carenza
di garanzia per una sana concorrenza.
E' triste,
perché il disvalore che segnaliamo colpisce proprio le risorse umane, motore
funzionale e indispensabile al sistema produttivo.
Ricordiamo
che il commercio di vicinato fornisce il 50% del Pil del sistema commerciale di
Roma Capitale. Il governo voleva forse sciogliere i legacci che potevano
irrigidire e deprimere il nostro comparto, ma il lavoro, anche come indotto
di maggior benessere, non si analizza solo con rigide leggi economiche.
L' economia dovrebbe
tener conto della prospettiva antropologica, alla base di ogni relazione
sociale prodotta da un sistema di mercato. Il nodo principale quindi non è solo
mercificare e liberalizzare, potenziando tutti i possibili consumi, ma badare
alla deprivazione del valore culturale e simbolico delle risorse umane,
che di tale incremento sono la vicenda umana.
Non più
leggi di mercato a dominare il lavoro, ma redistribuzione dei bisogni reali per
dare impulso a quelli sociali che poi avviano il sistema economico, a quel
punto sostenibile.
In tale
contesto meglio si inserisce la moderna concezione di economia ecologica, che
sempre più nei Paesi a avanzata sensibilità ambientale viene affiancata ai
classici trattati di economia: «Sustainability Science», riconsiderare le
risorse in armonia con le regole economiche del libero mercato per pensare alla
"scala sostenibile dei flussi", partendo dalle reali esigenze umane
in base alle capacità rigenerative delle risorse planetarie.
Senza
posizioni di privilegio per chi, disponendo del personale come macchine a
incastro, privandolo di sentimenti, valori, credo e riposo settimanale, può
«vincere» sulle piccole aziende familiari o con dipendenti trattati da persone
di famiglia, che non potranno mai tenere il passo con un' economia il cui unico
credo è il maggior consumo.
Purtroppo tale
frenesia mina alle radici proprio l' istituzione della famiglia, unico ente
che con l' amore produce futuri cittadini, ammortizzatore sociale e vero
caposaldo del Paese e che almeno alla domenica dovrebbe poter spendere il
proprio tempo libero al suo interno.
Più
liberalizzazioni, più consumi, più mercato, più economia, ma tale perverso
sistema non sa di aver soffocato la democrazia redistributiva, schiacciata da
un mercato che erode terreni agricoli e ambiente materializzando tutto in
tonnellate di cemento, incapace di valorizzare la componente umana del lavoro,
in armonia di sviluppo fra uomo e ambiente.
Giovanna
Marchese Bellaroto Assocommercio Romanord
da Pagina 8 (14 febbraio 2012) - Corriere della Sera
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