giovedì 14 luglio 2011

Kennedy e il PIL

A proposito di valori ....... ho trovato e volentieri pubblico.
Nessun messaggio politico.
Soltanto riflessioni valide in ogni tempo…

Il 18 Marzo del 1968 Robert Kennedy pronunciava un discorso, presso l’università del Kansas, nel quale evidenziava l’inadeguatezza del PIL (Prodotto Interno Lordo) come indicatore del benessere delle nazioni economicamente sviluppate.
Le sue parole fecero il giro del mondo e si accesero i riflettori sul problema coinvolgendo anche studiosi europei.
Già prima, comunque, ci si era resi conto che “qualità della vita” e “crescita economica” non sono fattori direttamente proporzionali e che per migliorare la qualità non è sufficiente aumentare la crescita.
Per capirci il benessere di una persona non può essere calcolato in base a quanto guadagna, a quanti prodotti acquista, ma dipende anche e soprattutto da quanto riesce a realizzare se stesso.

Discorso di Robert Kennedy, 18 marzo 1968, Università del Kansas

“Non troveremo mai un fine per la nazione né una nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del benessere economico, nell’ammassare senza fine beni terreni.
Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell’indice Dow-Jones, né i successi del paese sulla base del prodotto nazionale lordo (PIL).
Il PIL comprende anche l’inquinamento dell’aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana.
Il PIL mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa, e le prigioni per coloro che cercano di forzarle.
Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini.
Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari, comprende anche la ricerca per migliorare la disseminazione della peste bubbonica, si accresce con gli equipaggiamenti che la polizia usa per sedare le rivolte, e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari.
Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago.
Non comprende la bellezza della nostra poesia o la solidità dei valori familiari, l’intelligenza del nostro dibattere o l’onestà dei nostri pubblici dipendenti.
Non tiene conto né della giustizia nei nostri tribunali, né dell’equità nei rapporti fra di noi.
Il Pil non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese.
Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta.
Può dirci tutto sull’America, ma non se possiamo essere orgogliosi di essere Americani.”

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