domenica 22 aprile 2012

DEREGOLAMENTAZIONE TOTALE, PUÒ ESSERE UNO SBAGLIO


Piccoli negozi al dettaglio in comuni medio-piccoli, nei centri storici delle città, nelle prime periferie delle città più grandi, i soggetti a rischio.
Nota sulle liberalizzazioni (nel commercio). La completa deregolamentazione delle attività commerciali trascura, a mio avviso, il tema delle esternalità positive prodotte dall'esercizio di piccoli negozi al dettaglio in comuni medio-piccoli, nei centri storici delle città, nelle prime periferie delle città più grandi.
Se vi è interesse, presso una collettività locale, al mantenimento di condizioni elevate di vivibilità urbana attraverso il consolidamento di un efficace pluralismo distributivo, una regolamentazione di minima consente di accrescere per ogni quantità venduta il ricavo marginale del piccolo commerciante al fine di produrre la quantità ottimale di piccolo commercio, quantità che contempera anche la produzione di un bene - la buona vivibilità - il cui prezzo non passa da quello di mercato.
Il valore di questi benefici potrebbe andare perduto in assenza totale di regole.
L'argomento della difesa delle esternalità positive spiega poi la chiamata in causa degli enti locali in materia di commercio. Le preferenze delle collettività locali sono meglio conosciute dal legislatore più prossimo al suo corpo elettorale.
Quanto più queste preferenze sono eterogenee tra diverse comunità locali tanto minore sarebbe il benessere collettivo derivante da una legislazione unica per tutti i territori. Quest'argomentazione non va però usata per ostacolare, sempre e comunque, lo sviluppo e la modernizzazione del commercio (queste preferenze si esprimano con chiarezza).
Chi sale, chi scende
Sotto il profilo dell'evidenza empirica, sembra, secondo il Presidente Cobolli Gigli (Mark Up, n. 206 gennaio-febbraio 2012), non doversi temere, dalla totale liberalizzazione, alcun effetto di desertificazione, deduzione basata sull'osservazione del passato.
Scomponendo, tuttavia, lo stock di imprese al dettaglio in negozi a prevalenza alimentare e in negozi a prevalenza non alimentare, emerge una crescita degli ultimi e una sensibile riduzione dei primi, con un travaso abbastanza netto di piccoli negozi che scompaiono a favore di strutture classificate come distribuzione moderna o organizzata (tabella accanto).
Potrei pensare a un effetto delle passate liberalizzazioni differente per grandi settori di attività economica: negativo per i piccoli dell'alimentare, generalmente positivo sul non alimentare.

Inefficienze sistemiche
L'altro punto problematico è quello riguardante i benefici delle liberalizzazioni. Il Governo ha di recente fatto riferimento a uno studio della Bce (Christopoulou, Vermeulen, Bce, 2008) sul markup nei servizi nella comparazione internazionale tra Paesi.
Un elevato scarto tra prezzo di vendita e costo implicherebbe un grande potere di mercato e quindi una scarsa libertà di entrata e uscita: in poche parole, un settore poco liberalizzato. Emergendo da quello studio una profittabilità molto elevata per i servizi nel nostro Paese, se ne desumerebbe tanto la scarsa libertà d'impresa quanto una base per guadagni di efficienza e quindi di crescita macroeconomica conseguenti a un processo di liberalizzazione dei servizi, tra i quali il commercio.
Ora, lo stesso studio chiarisce che le stime dei markup sono viziate per eccesso se i rendimenti di scala del sistema produttivo sono decrescenti (p. 12), cosa che, secondo stime della Banca d'Italia e altri studi, potrebbe connotare proprio la nostra economia.
In ipotesi, i benefici desumibili dalle liberalizzazioni andrebbero acquisiti, invece e soprattutto, tramite la riduzione di inefficienze sistemiche, in primis riguardanti la burocrazia e la pubblica amministrazione in genere (proprio perché non riguarderebbero eccessi di regolamentazione).
di Mariano Bella da MARKUP 208

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