domenica 15 maggio 2011

TEMPI DI LAVORO E DI RIPOSO CONDIVISI DA TUTTI

Le autorità pubbliche hanno il dovere di vigilare affinché ai cittadini non sia sottratto, per motivi di produttività economica, un tempo comune, condiviso da tutti, destinato al riposo.
Con le continue aperture domenicali e festive si corre il rischio che la domenica o il giorno festivo diventino giorni vuoti, catturati dai facili miti del consumo, mentre dovrebbero liberare l’uomo dalla assolutizzazione del lavoro e del profitto.
Che cosa pesa di più in un’apertura domenicale o festiva degli esercizi commerciali? La necessità del datore di lavoro? Le abitudini dei consumatori? O che cos’altro?
Una certa parte delle famiglie considera indispensabile poter fare acquisti di domenica. La maggior parte di queste famiglie sfrutta questa opportunità per rinnovare il guardaroba e solo in seconda battuta per approvvigionarsi di cibo e dichiara che se i negozi fossero sempre aperti non cambierebbe comunque il giorno che dedica abitualmente alla spesa alimentare.
In quale direzione si stanno muovendo allora gli interessi della distribuzione organizzata? Non tanto verso un’apertura totale dei negozi nelle domeniche e nei giorni festivi, quanto piuttosto verso “una regia liberista e libera di rimescolare le carte di volta in volta secondo le esigenze di bilancio, i tempi della logistica e il termometro della spesa”.
La legislazione italiana ha già stabilito che il riposo settimanale cada di domenica precisando le possibili deroghe: sanità e assistenza, trasporto pubblico, lavorazioni a ciclo continuo, ampi settori dell’agricoltura, il comparto turistico, per citare solo alcuni casi, devono funzionare 365 all’anno.
Se non ci sono obiezioni di principio alla possibilità di lavorare anche di domenica, è però necessario che il metro di misura sia molto preciso. In caso contrario le situazioni di necessità sarebbero infinite. Una comunità ha bisogno di tempi di lavoro e di riposo condivisi da tutti proprio per rimanere una comunità. È un compito di civiltà che si allarga alla dialettica fra imprenditori e sindacati, al dibattito culturale, alla responsabilità delle istituzioni.
Le leggi statali e regionali hanno messo nelle mani del Sindaco quasi tutte le decisioni riguardanti le aperture e le chiusure dei negozi. Spetta a loro evitare derive liberiste che rischiano di indebolire il sistema di valori su cui si riconoscono i nostri paesi e le nostre città.

Sintesi da un articolo del corriere cesenate

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